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Shamima supplica la Gran Bretagna: "Rivedete il mio caso, sono disposta a cambiare"

La 19enne arruolatasi in Siria con lʼIsis invoca pietà dopo aver perso la cittadinanza inglese. Lettera della famiglia al Segretario di Stato Javid: "Siamo sconvolti, riportiamola a casa"

Shamima supplica la Gran Bretagna:
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Si arruolò nell'Isis in Siria e ora vuole tornare a casa con il suo neonato malato.

Per Shamima Begum inizia il secondo atto. La 19enne anglo-bangladese, infatti, invoca "pietà" dopo che la Gran Bretagna le ha revocato la cittadinanza. "Il Bangladesh non è il mio Paese - spiega in un'intervista a Sky News. - Non posso andar lì, non conosco il posto, la lingua. Chiedo ai politici britannici di rivedere il mio caso, sono disposta a cambiare". Un appello, intanto, è stato indirizzato dalla famiglia anche al Segretario di Stato Sajid Javid, come riferisce Bbc. "Siamo sconvolti - si legge nella lettera aperta scritta dalla sorella, - ma non possiamo abbandonarla. Riportiamola a casa con il figlio".

"Sono disposta a cambiare" Se fino a poco tempo fa Shamima, scappata di casa nel 2015 per unirsi all'Isis, aveva sempre dichiarato con fermezza: "Non mi pento di nulla", davanti alla revoca della cittadinanza britannica che chiude definitivamente le porte al suo desiderio di tornare a casa con il suo neonato malato, cambia posizione.

Incalzata dalle domande dell'inviato John Sparks, incontrato nel campo profughi dove ha trovato rifugio, la 19enne afferma: "Sono disposta a cambiare, mio figlio ora non ha cure e per lui farei di tutto". Da qui l'accorata invocazione ai politici inglesi: "Mi piacerebbe che rivalutassero il mio caso con un po' più di misericordia nel loro cuore".

La lettera della sorella al Segretario di Stato: "Siamo sconvolti" Per cercare di riportare a casa, in Gran Bretagna, Shamima, è intervenuta anche la famiglia. La sorella Renu ha preso carta e penna e ha scritto al segretario di Stato Javid; la lettera è stata pubblicata integralmente dalla Bbc.

Descrivendo lo stato d'animo dei parenti di Shamima per il caso mediatico che è scoppiato intorno alla 19enne e per la decisione di toglierle la cittadinanza, Renu afferma che in casa sono tutti "sconvolti" e assicura che "nel 2015 fecero di tutto per non farla entrare nell'Isis. I nostri sforzi sono stati vani, ma non possiamo abbandonarla".

"Tutto quello che dal 2015 a oggi le è accaduto e tutto quello che ha detto - aggiunge la sorella - lo abbiamo appreso dai media, perché con lei non abbiamo avuto più nessun rapporto,  ha vissuto quattro anni in schiavitù". "Ora vogliamo riportarla a casa, insieme a nostro nipote - è la conclusione dell'appello. - Per questo ci auguriamo che comprendiate la nostra posizione e confidiamo nelle istituzioni".

Sarà poi un giudice a valutare di quali colpe si è macchiata a 15 anni Shamina, non la politica: questo quanto pensano Renu e la sua famiglia.