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Caso diplomatico Giappone-Sud Corea, Tokyo richiama ambasciatore

Si inaspriscono i rapporti tra i due Paesi sul caso "comfort women", le donne ridotte in schiavitù sessuale nel periodo della II Guerra mondiale. Le vittime vogliono le scuse pubbliche giapponesi

Il Giappone ha richiamato l'ambasciatore dalla Corea del Sud e ha deciso il blocco degli indennizzi sul caso "comfort women", le donne sudcoreane poste sotto schiavitù sessuale a opera dell'esercito nipponico nella II Guerra mondiale.

Si inaspriscono i rapporti tra Tokyo e Seul, dopo che il Giappone aveva chiesto la rimozione di una statua di una giovane ragazza, eretta di fronte al consolato. Le donne vogliono scuse pubbliche.

Secondo Tokyo la statua posizionata da un gruppo di attivisti non rispetta gli accordi firmati dai due Paesi nel dicembre 2015, in base ai quali il Giappone si impegnava a corrispondere un fondo di un miliardo di yen (circa 7,5 milioni di euro) come contributo alle famiglie e alle stesse superstiti. In cambio Seul si sarebbe impegnata a non criticare il Paese del Sol Levante sulla questione a livello internazionale.

Le "comfort women" erano donne locali, prevalentemente sudcoreane, ma anche cinesi, filippine e indonesiane - fino a 200mila secondo le stime - soggette a uno stato di schiavitù sessuale dall'esercito giapponese durante la guerra.

A fine dicembre il partito all'opposizione in Corea del Sud si era dichiarato contrario all'accordo ratificato nel 2015 dalla presidente Park Geun-hye col Giappone, sottolineando che se dovesse vincere le prossime elezioni l'intesa sarà annullata.