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Tibet, nuovi scontri di piazza

Bombe contro auto della polizia

Tornano le proteste di piazza dei tibetani nella provincia di Qinghai, nella Cina occidentale, alla vigilia del 50mo anniversario della fallita rivolta contro Pechino.

Alcune bombe incendiarie sono state lanciate contro un'auto della polizia e un mezzo dei vigili del fuoco, senza causare vittime. A innescare la protesta di decine di tibetani della prefettura di Golog era stato il fermo di un residente a un posto di blocco della polizia cinese.

Secondo fonti di Pechino, le esplosioni sono avvenute poco dopo alcuni tafferugli fra la polizia e gli abitanti della prefettura di Golog, nel Sud della provincia tibetana del Qinghai, che protestavano contro un posto di blocco.

In Tibet e nelle zone con minoranze tibetane come il Golog sono state aumentate le misure di sicurezza in vista del 10 marzo, quando si celebrerà il 50mo anniversario della rivolta contro Pechino del 1959, che portò alla fuga in India del Dalai Lama. Truppe aggiuntive dell'esercito cinese sono state schierate alle frontiere, lungo le arterie principali e a Lhasa e nelle altre città più importanti.

Monaci in "rieducazione" prima di anniversario rivolta
Centonove monaci tibetani saranno prelevati dalla polizia cinese per essere sottoposti a una "rieducazione" politica, alla vigilia del cinquantesimo anniversario, il 10 marzo 1959, della rivolta del Tibet contro la Cina, conclusasi con la fuga del XIV Dalai Lama, Tenzin Gyatso, costretto all'esilio in India insieme ad oltre 100mila tibetani. Lo scrive l'edizione online del britannico The Times, precisando che il sequestro dei 109 monaci del monastero di Lutsang, nella provincia di Qinhang, è solo una delle tante misure straordinarie adottate da Pechino per scongiurare eventuali disordini. Memori dell'uso che fecero i tibetani degli sms con i quali riuscirono a comunicare e a far dilagare le proteste anti-Pechino nella vasta regione himalayana, le autorità cinesi hanno deciso di bloccare dal 10 marzo al 1 aprile le reti di internet e della telefonia mobile.

Fermati due giornalisti italiani
Due giornalisti italiani sono stati fermati dalla polizia cinese per tre ore, nella provincia cinese di Qinghai, pur non avendo violato la legge locale. Avrebbero raccolto la testimonianza di 109 monaci buddisti arrestati, lo scorso 25 febbraio, dopo una manifestazione tenuta in occasione del Capodanno tibetano. I due reporter sono stati intercettati dalle forze dell'ordine all'uscita del monastero An Tuo dove, abitualmente, risiedono 300 monaci.

Si tratta del corrispondente dell'Ansa a Pechino, Beniamino Natale, e di quello di SkyTg24 Gabriele Barbati. Erano andati in un monastero per alcune interviste quando, all'uscita, sono stati fermati dalleforze dell'ordine per essere interrogati. Gabriele Barbati, raggiunto telefonicamente dall'Adnkronos, ha detto: "All'inizio hanno cercato di spaventarci ma la nostra preoccupazione era soprattutto per il nostro autista. Ai locali la Polizia riserva sempre un trattamento 'diverso' rispetto agli stranieri. Per fortuna alla fine hanno rilasciato anche lui".

Hu Jintao: "Costruire muraglia in Tibet"
Alla vigilia del 50mo anniversario dalla fallita rivolta in Tibet, il presidente cinese, Hu Jintao, ha esortato i leader della provincia a costruire una "grande muraglia" contro il separatismo. "Dobbiamo trasformare la stabilità di base del Tibet in una sicurezza a lungo termine", ha affermato in un messaggio televisivo Hu, che nel 1989 quando guidava il Partito comunista locale guidò una sanguinosa repressione in Tibet. La provincia himalayana - ha sostenuto - dovrebbe progredire verso "un rapido sviluppo economico" e garantire "sicurezza e stabilita' sociale".