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Myanmar, Usa e Ue vogliono sanzioni

Onu: Ban Ki Moon manda un inviato

Stati Uniti e Ue hanno chiesto al Consiglio di Sicurezza nuove sanzioni contro la giunta militare al potere nel Myanmar.

No di Cina e Russia. Il segretario Ban Ki Moon ha però mandato un inviato Onu nella regione. "Condanniamo ogni violenza contro i dimostranti pacifici e ricordiamo ai leader del Paese che sono personalmente responsabili dei loro atti'', si legge in un documento firmato dai 27 ministri degli Esteri Ue.

Sotto la presidenza della Francia il Consiglio di Sicurezza si è riunito per ascoltare Ibrahim Gambari, l'inviato del segretario Generale Ban Ki-moon, che è poi partito immediatamente nella regione mentre Stati Uniti e i 27 membri della Ue chiedevano ai Quindici di prendere in considerazione sanzioni e ai membri della giunta di aprire un dialogo con la leader dell'opposizione agli arresti domiciliari Aung San Suu Kyi e con le minoranze etniche.

Cina e Russia, che hanno strette relazioni col Myanmar, finora hanno bloccato una risoluzione del Consiglio sull'argomento. "Condanniamo ogni violenza contro i dimostranti pacifici e ricordiamo ai leader del paese che sono personalmente responsabili dei loro atti", si legge in un documento pubblicato al termine di un incontro tra i 27 ministri degli esteri Ue con il segretario di stato americano Condoleezza Rice in cui si è fatto appello al Consiglio di "discutere la situazione urgentemente e considerare passi ulteriori, comprese nuove sanzioni''. 

In un incontro a latere, i ministri degli esteri dei paesi del G8 (per l'Italia Massimo D'Alema) hanno condannato la repressione violenta astenendosi però dal chiedere il ricorso a misure punitive internazionali, presumibilmente per non irritare la Russia. Il comunicato Usa-Ue e poi sia Casa Bianca che Dipartimento di Stato hanno puntato i riflettori sull'influenza che la Cina può usare per far cambiare linea ai militari della giunta: il portavoce del Dipartimento di Stato Tom Casey ha detto che l'assistente segretario di Stato Chris Hill, in visita a Pechino per discutere di Corea del Nord, ha intenzione di sollevare il caso Myanmar con le autorità cinesi.

Fonti diplomatiche hanno indicato che la Cina ha fatto presente ai militari di Myanmar la preoccupazione internazionale ma finora si è astenuta dal criticare pubblicamente la giunta.   Del ruolo della Cina e della Russia ha parlato anche la più influente paladina della causa dei monaci buddisti negli Stati Uniti, la First Lady Laura Bush, in una intervista alla Voice of America: la moglie del presidente George W. Bush, che aveva annunciato nuove sanzioni Usa contro Myanmar, ha auspicato che i due paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza "si uniscano al resto dei paesi" nell'isolamento del regime militare della ex Birmania.

"La Ue ha parlato sulla Birmania. Molti altri paesi lo hanno fatto'', ha detto la First Lady che all'inizio di settembre, in un gesto inconsueto per la moglie di un presidente americano, aveva alzato il telefono in un appello al segretario generale dell'Onu Ban per la causa della democrazia a Myanmar. "Abbiamo sentito, ma non è confermato, che la Cina sta sollecitando il regime a non reagire con la violenza contro i manifestanti. Spero che sia vero", ha detto Laura Bush.

Il Consiglio di Sicurezza finora è stato diviso nei confronti di un'azione su Myanmar: in gennaio Cina e Russia avevano posto il veto a una risoluzione che chiedeva la fine delle persecuzioni di minoranza e gruppi di opposizione e di prendere passi concreti verso al democrazia affermando che il testo esulava dal mandato di tutelare la pace e la sicurezza internazionale del massimo organo di governo dell'Onu.