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Quei paradisi divenuti un inferno

Sud-Est asiatico devastato dal maremoto

Una scossa di terremoto che scatena il violentissimo tsunami, poi l'inferno.

La devastazione, la morte. Tutto in un attimo, il tempo necessario all'onda assassina per invadere e distruggere le coste di tutto il Sud-Est asiatico. Dall'Indonesia alla Thailandia, dall'India alle Maldive. Paradisi terrestri, meta di migliaia di turisti, trasformati in cimiteri indegni. Incalcolabile il numero dei morti. Si sa solamente che sono centinaia di migliaia, e che il bilancio crescerà ancora.

Perché è enorme il numero dei dispersi, innanzitutto. Ma anche, e forse soprattutto, perché la devastazione porta epidemie e le epidemie uccidono come un nuovo tsunami. Aggravando un dramma che non ha precedenti e che, come tale, ha coinvolto e scosso tutto il mondo. Meglio, il pianeta, se si pensa alle possibili, sia pure remote, conseguenze dello spostamento dell'asse terrestre successivo al sisma.

Tutto il mondo, intanto, si sta muovendo per portare soccorso alle popolazioni colpite dalla tragedia. Gli aiuti, coordinati dall'Onu, raggiungono i Paesi devastati dall'onda assassina. Immediatamente dopo quel maledetto 26 dicembre, sono partiti da ovunque medicinali e cibo. Per salvare chi è sopravvissuto ed evitare il diffondersi di nuove epidemie.

Per restituire una vita ai bambini, vittime incoscienti del dramma. Sono loro il numero maggiore di vittime. Quelli uccisi dallo tsunami, ma anche quelli rimasti senza genitori e casa o quelli che si rifiutano di aprire gli occhi o di lavarsi per la paura dell'acqua. Il paradiso che diventa inferno.

Il paradiso di migliaia di turisti che diventa un incubo. C'erano villeggianti provenienti da ogni parte del mondo laggiù. C'erano anche moltissimi italiani. Secondo i dati della Farnesina sono 20 i nostri connazionali deceduti, 336, un numero enorme, i dispersi. "Dobbiamo aspettarci il peggio", aveva avvisato il ministro degli Esteri Gianfranco Fini nei giorni immediatamente successivi alla tragedia. Dovremo aspettare ancora. L'onda lunga dello tsunami non ha ancora smesso di mietere vittime.

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