A Rio de Janeiro, decine di vittime
E' terminata dopo tre giorni la rivolta nel carcere di Rio: i detenuti hanno consegnato le armi e liberato gli ostaggi. Il bilancio è però pesante: un agente di custodia è stato ucciso e almeno 38 carcerati sono morti durante gli scontri con la polizia. A Carandiru nel 1992, in una rivolta simile, erano morti ben 111 detenuti in seguito all'intervento della polizia. Decisiva la mediazione di un prete che ha evitato il peggio.
La rivolta era cominciata quando un gruppo di carcerati armati aveva attaccato le guardie della Casa di Custodia de Benfica, facendo fuggire almeno 17 detenuti. I rivoltosi avevano preso in ostaggio anche 26 guardie carcerarie, minacciando di ucciderle se le autorità non avessero accettato le loro rivendicazioni. Nella notte di domenica, dopo un giorno di intensi negoziati, era scattata il primo omicidio.
In poche ore la rivolta si era allargata a macchia d'olio e altri 900 reclusi avevano poi approfittato della confusione per impossessarsi del penitenziario, ritenuto fino a poco tempo fa, una struttura carceraria modello, con un numero di detenuti molto inferiore alla capienza massima.
I detenuti avevano prelevato le armi dall'arsenale a disposizione degli agenti, tra cui fucili a pompa e pistole. Voci non confermate e che dovranno essere ora verificate, sostengono che detenuti appartenenti a cosche minoritarie della malavita come terzo Comando Puro e Amici degli Amici, sarebbero stati giustiziati dalla fazione dominante di Comando Rosso.
Ma dopo varie ore di trattativa, un pastore evangelico, è riuscito a convincere i rivoltosi a consegnare le armi e liberare tutti gli ostaggi. Secondo la polizia, la ribellione è stata guidata da un centinaio di uomini di Comando Rosso, una potente organizazione criminale che ha in mano il traffico di droga nella gran parte delle favelas di Rio de Janeiro.