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"LuxLeaks", favoritismi fiscali: la polemica infuria su Juncker

Lʼinchiesta giornalistica che ha portato alla luce i patti segreti tra il governo del Lussemburgo e 340 multinazionali investe direttamente il presidente della commissione Ue che ha guidato il Paese dal 1995 al 2003

Jean Claude Juncker
ansa

Scoppia il caso "LuxLeaks" e, dopo le scintille con Renzi e Cameron, è Jean Claude Juncker a ritrovarsi al centro della polemica. Il governo del Lussemburgo avrebbe infatti concesso negli anni scorsi favoritismi fiscali a 340 multinazionali stipulando patti segreti e Juncker che ha guidato il Paese da 1995 al 2013 viene tirato in causa direttamente. Marine Le Pen ne chiede le dimissioni.

"Accordi segreti tra le autorità del Lussemburgo e trecento aziende in tutto il mondo, tra cui 31 in Italia, per spostare flussi finanziari enormi pagando tasse minime". E' questo, in estrema sintesi, "LuxLeaks", lo scandalo emerso da un'inchiesta giornalistica internazionale, pubblicata in 31 Paesi, che sta imbarazzando il neo presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, e con lui tante multinazionali, tra cui giganti come Amazon, Ikea, Deutsche Bank Procter & Gamble, Pepsi e Gazprom.

Spulciando le 28mila pagine di documenti riservati, i cronisti del International Consortium of Investigative Journalism (ICIJ) hanno offerto un quadro inquietante dei rapporti tra enormi multinazionali e le autorità del Granducato. Preoccupanti soprattutto perché non c'è traccia di alcun reato. Si tratta, come sintetizza 'L'Espresso', che ha avuto l'esclusiva per l'Italia, di "un'emorragia di fondi, perfettamente legale, che sottrae risorse dall'economia del resto dell'Ue". Malgrado l'imbarazzo, la Commissione parla di un "tipico caso di aiuti di Stato". La nuova Commissaria per la Concorrenza, Margrethe Vestager, spiega il portavoce di Juncker, "sta continuando il lavoro cominciato dal suo predecessore Almunia".

Juncker che oggi viene chiamato in Parlamento da socialisti e lib-dem, gli alleati dei popolari nella grande coalizione europea, a garantire che lotterà contro l'elusione fiscale che il suo Paese ha promosso per decenni. La sua "credibilita' e' in gioco", tuona il capogruppo S&D, Gianni Pittella. E mentre Marine Le Pen ne chiede le dimissioni, il M5S parla di "scandalo" che è "prova dell'ennesima contraddizione di questa Ue" che "si fa guidare da un personaggio che ha avuto come scopo politico quello di far guadagnare il suo Paese sulle spalle degli altri partner europei".

Comunque sono già quattro, e non solo in Lussemburgo, le inchieste aperte dalla Commissione sui "tax ruling", i trattamenti fiscali predefiniti, applicati in modo non conforme alle norme sugli aiuti di Stato. L'ex commissario alla concorrenza Joaquin Almunia nei mesi scorsi aveva infatti già aperto due indagini sul Lussemburgo, una relativa ad Amazon e l'altra a Fiat Finance and Trade, una sull'Olanda per Starbucks, e una sull'Irlanda riguardante Apple. Nessuno discute infatti la pratica del tax ruling in sé, cioé uno "sforzo che gli Stati membri fanno per attirare gli investimenti delle imprese" - per esempio i tedeschi per l'automobile e i francesi per l'audiovisivo - ma se questi vengono usati in modo anticoncorrenziale, dando un vantaggio a un'azienda rispetto alle altre.