2013 DA EMIGRATO

La storia di un italiano a LondraUn secondo al giorno per 12 mesi

Alessandro Mariscalco, 28enne di origini palermitane, ha documentato il suo 2013 da emigrato nella patria di Her Majesty

28 Gen 2014 - 11:41

Il 2013 di un italiano a Londra. Un secondo al giorno in equilibrio tra la città scelta e la nazione d'origine. Così, oltre ad autobus a due piani, alla vecchina coi capelli tinti di viola e alle serate al pub, c'è tempo per guardare Sanremo e le partite degli azzurri sul pc o consultare i risultati delle elezioni italiane online. L'autore del video è il 28enne Alessandro Mariscalco che ha parlato della sua esperienza a Tgcom24.

Da dove nasce l'idea del video?
"Era nato come un progetto personale, poi ho pensato potesse essere uno spaccato di vita in cui anche altri avrebbero potuto riconoscersi".

Perché sei andato via dall'Italia?
"Non sono scappato via per disperazione o mancanza di prospettive. Volevo vedere come funzionava il mondo fuori, Londra mi sembrava un ottimo posto per avere un punto di vista più ampio. Ma è anche una città piuttosto cinica che ti inganna a volte, facendoti sfiorare l'idea di realizzarti professionalmente, inducendoti a pensare che ce la puoi fare davvero. A volte succede, a volte no. E va bene così, è una sfida stimolante. Cerco di prendere la cosa con ironia".

Pensi che nel Regno Unito potresti avere maggiori possibilità di realizzare le tue ambizioni?
"Qua conta molto di più l'esperienza sul campo. Poi qui c'è la reale volontà a investire sui giovani".

Cosa fai al momento?
"Lavoro in un ristorante nei weekend, ma anche come assistente editoriale per un giornalista inglese. Poi dico in giro che sono un giornalista freelance".

Cosa vuoi fare da "grande"?
"Per anni ho coltivato con convinzione l'idea di voler fare il giornalista per la carta stampata. Poi mi sono avvicinato alle telecamere, ho fatto un corso per cameraman a Roma e lavorato per qualche mese come assistente operatore. Se non fossi già alla soglia dei trent'anni ti direi che vorrei fare il video reporter".

Ti senti un "cervello in fuga"?
"Mi sento un emigrato. Non credo molto nella definizione "cervelli in fuga". Molti dei ragazzi che ho conosciuto hanno conseguito lauree nei loro Paesi ma questo non li rende molto differenti dagli altri. Adesso vanno via tutti, preparati o meno a una vita all'estero. Con tutte le conseguenze del caso".

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