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Quando litigare è un’arte

Il modo giusto di affrontare gli scontr

28 Feb 2006 - 13:02

I motivi per litigare nella vita sono milioni. Si bisticcia con il partner, con i colleghi, con il proprio capo o con chi non rispetta le regole della convivenza civile, come ad esempio aspettare il proprio turno in coda. In ogni situazione c’è un modo “giusto” per affrontare lo scontro, con regole proprie da rispettare per uscirne vincenti, affermando il proprio punto di vista senza lasciarsi prendere dalla rabbia. Il settimanale Donna Moderna insegna come trasformare il conflitto in un momento liberatorio.

In casa, con il proprio partner, gli argomenti di litigio sono moltissimi: nell’ordine, ci si scontra per i figli, le spese, le vacanze, i parenti. Ma sotto ogni lite, il regista di ogni conflitto è il sesso. E’ infatti l’affinità erotica della coppia a dare il via a ogni scontro verbale. Uomini e donne sono diversi anche nel modo di litigare. Lei ama lo scontro diretto, senza tregua, lui invece cerca di temporeggiare e sceglie come arma di offesa il tagliar corto o il ritirarsi in silenzio. Per questo all’interno della coppia le liti degenerano più facilmente. Di solito si comincia con un semplice scambio di battute, che poi precipita, dilagando a macchia d’olio. Il segreto di una sana litigata consiste nel limitarsi all’argomento su cui si è creato il diverbio, evitare gli attacchi personali ed evitare di risollevare questioni del passato. L’esito del litigio non deve essere trovare un accordo a tutti i costi, o che uno dei due debba rinunciare alla propria posizione, ma fare in modo che ciascuno possa addolcire le sue posizioni grazie a quello che ha scoperto durante la lite.

 

L’ufficio è un altro luogo di grandi conflitti. Qui le tensioni sfociano spesso in modo violento e si spengono senza risolversi. I conflitti tra colleghi, soprattutto fra pari grado, avvengono senza autocensure e “a cielo aperto”, spesso con violenza e a ritmi incalzanti. Sono causati per lo più da rivalità e competizione e raramente hanno un lieto fine, senza arrivare ad un accordo e a una mediazione. Tra le regole per un “buon litigio”, gli esperti raccomandano di non essere troppo rigidi, evitare di interrompere in continuazione l’avversario mentre parla, non ricorrere a insulti e offese personali, crearsi una via di fuga allontanandosi eventualmente da scena del litigio quando si capisce che la situazione sta per precipitare. Qualche strategia per evitare lo scontro il più possibile: cercare di mettersi nei panni dell’altro e abbandonare, almeno in parte, i propri pregiudizi. La via della conciliazione è utile non tanto per diplomazia, ma perché è l’atteggiamento che fa disperdere meno energie.

 

Se il diverbio scoppia con un superiore, la cosa cambia un po’. Ciascuno dei litiganti fa leva sul proprio ruolo: il capo vuole ribadire la sua autorità, l’altro pretende di far sentire la propria voce. In questi casi, il conflitto non scoppia subito, ma è preceduto da una fase “sotterranea”, spesso nascosta da una formale cortesia. Il litigio di solito mira a difendere il proprio ruolo e immagine professionale e insieme a infliggere colpi a quella dell’altro. Dopo lo scontro, ciascuno rientra gradualmente nel proprio ruolo. In questo caso, per chiudere il conflitto non basta una stretta di mano, ma serve la capacità di rivedere in modo creativo i rapporti di lavoro e ritrovare lo spirito di gruppo.

Le liti tra estranei hanno scenari senza confini: dalla coda al supermercato, ai problemi di parcheggio. La lite scoppia nell’ambito di una serie di regole condivise, ad esempio il rispetto del codice della strada, e ha spesso valore liberatorio di tensioni e frustrazioni. Il litigio tra estranei per lo più si esaurisce da sé, senza alcun tentativo di pacificazione, e si esaurisce nel mugugno tra sé  o con i presenti, in cerca di consenso e approvazione. Le vie d’uscita sono solo la tolleranza, la buona educazione e la consapevolezza che arrabbiarsi con chi non rispetta le regole è segno che si ha a cuore la coesione sociale.

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