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La scoperta del buco dellʼozono: la minaccia compie trentʼanni

Il primo articolo scientifico a riguardo è datato 16 maggio 1985: da allora si è registrata la formazione di una coscienza ambientalista

buco ozono
-afp

16 maggio 1985. Tre ricercatori del British Antarctic Survey pubblicano su Nature un articolo che analizza i danni causati all'atmosfera dai clorofluorocarburi (Cfc) contenuti nei prodotti industriali. I risultati evidenziano una riduzione dell'ozono stratosferico che protegge il pianeta dalle radiazioni ultraviolette. A trent'anni da quella scoperta, la minaccia del cosiddetto buco nell'ozono ad ambiente e uomo non è "invecchiata".

Il Protocollo di Montreal - Nei mesi e negli anni successivi sono numerose le "climate march" (marce ambientaliste per il clima), manifestazioni pubbliche e proteste organizzate in centinaia di piazze in giro per il mondo. Le sostanze "incriminate" come pericolosissime per il bene del pianeta dalla comunità scientifica vengono messe al bando con il Protocollo di Montreal, che entra in vigore nel 1989 e nel corso degli anni viene sottoscritto da tutti i paesi del mondo.

La diffusa consapevolezza da parte della popolazione mondiale della minaccia per la salute di uomo e ambiente rappresentata dalla riduzione dell'ozonosfera ha però prodotto un effetto "positivo": la formazione di una coscienza ambientalista.

La situazione attuale - Studi recenti hanno rivelato che il buco nell'ozono si sta restringendo. Nonostante questo, però, la minaccia rappresentata dai cambiamenti climatici è più viva che mai e rischia di spazzare via migliaia di foreste, i "polmoni verdi" del pianeta. Gli ultimi dati diffusi evidenziano uno "strappo" pari a 24,1 milioni di chilometri quadrati sull'Antartide, il 9% in meno rispetto al 2000. Secondo i calcoli basati su questa velocità di "restringimento", il buco nell'ozono potrebbe chiudersi nella seconda metà del secolo.