Belize, lʼUnesco toglie la barriera corallina dai siti a rischio
Dal 2009 l’area era in pericolo a causa della distruzione delle mangrovie, delle estrazioni petrolifere e dell’azione dell’uomo
Sono fuori pericolo i 300 chilometri di barriera corallina del Belize, il piccolo paese centroamericano. A stabilirlo a fine giugno è stato l'Unesco. Nel 2009 l'organizzazione delle Nazioni Unite aveva inserito, tra i siti a rischio, questo ecosistema per via delle estrazioni di petrolio offshore, della distruzioni delle mangrovie e della vendita dei terreni ai privati. La decisione coinvolge circa 200mila persone nel Paese (che in tutto ne conta meno di 400mila), ovvero più della metà degli abitanti che dipendono direttamente da questo patrimonio naturale per il loro sostentamento, a cominciare dalla pesca.
Quella del Belize – sito Unesco dal 1996 - è la seconda barriera corallina più estesa al mondo dopo quella australiana. "Negli ultimi due anni – ha detto il coordinatore Unesco Fanny Douvere – il governo del Belize ha realizzato un vero cambiamento". A cominciare, per esempio, dal divieto di estrazioni petrolifere che la politica del Paese centroamericano ha imposto come protezione. Altre misure messe in campo hanno tutelato poi le mangrovie per proteggere vere e proprie foreste costiere.
Oceani caldi, il rischio maggiore - Ma per gli esperti il rischio numero uno resta l'aumento delle temperature degli oceani, che sta già mettendo in pericolo l'ecosistema corallino in Australia. Dove negli ultimi anni un'ondata di calore ha distrutto una quantità tale di corallo da far dire agli scienziati che questo paradiso marino non sarà più lo stesso. Soprattutto nei Paesi meno sviluppati, come il Belize, la messa in sicurezza deicoralli assicura la popolazione locale da possibili rischi: senza i pesci che vi abitano, infatti, verrebbe meno la loro principale fonte proteica.
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