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Unicredit taglia 6.900 posti in Italia In 3 anni 800 filiali in meno in Europa

Il piano prevede in totale 18.200 esuberi e un risparmio di 1,6 miliardi

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In Italia Unicredit intende tagliare 6.900 posti di lavoro, come prevede il nuovo piano presentato agli analisti. "Abbiamo approvato un progetto rigoroso, serio e al tempo stesso realistico e ambizioso", ha detto l'amministratore delegato Federico Ghizzoni. Nel complesso il gruppo chiuderà 800 filiali entro il 2018 tra Italia, Germania e Austria. Al termine del processo, la forza lavoro sarà di 111mila posti.

Nel dettaglio, i vertici della banca hanno annunciato che in Italia 5.800 tagli saranno effettuati nella banca commerciale e gli altri 1.100 riguarderanno il corporate. Complessivamente, il piano triennale di Unicredit prevede 18.200 tagli di personale.

Il piano include anche la vendita della controllata in Ucraina e la joint venture con Pioneer. Previste poi misure di contenimento dei costi per 1,6 miliardi. Il gruppo vende o ristruttura entro la fine del 2016 i business a bassa redditività. Il target di utile è di 5,3 miliardi.

Unicredit punta ad un gruppo più semplice e integrato. Il management, infatti, intende trasferire tutte le partecipazioni nella CEE (Central and Eastern Europe) da Bank Austria alla holding Unicredit entro la fine del 2016, con la chiusura della sub-holding austriaca e il conseguente controllo diretto delle banche nella CEE da parte della holding Unicredit preservando comunque il knowhow della divisione CEE.

Nel nuovo piano di Unicredit il CET1 ratio fully loaded, prima della distribuzione dei dividendi, si attesterà a 12,6% nel 2018, superiore all'obiettivo interno di 11,5%. Questa solida base patrimoniale, spiega l'istituto, consentirà una cospicua disponibilità per la distribuzione di dividendi, pari ad una percentuale di distribuzione dell'utile del 40% in media nel periodo di piano.

Sul fronte dei conti, il gruppo guidato da Federico Ghizzoni ha chiuso i primi nove mesi dell'anno con un utile di 1,5 miliardi, il 16,1% in meno rispetto al 2014. Pesano 400 milioni di svalutazione della controllata in Ucraina e la conversione in euro dei mutui in franchi svizzeri in Croazia. Nel terzo trimestre l'utile è a 507 milioni, sopra il consensus di 458 milioni.