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"Ogni giorno è una battaglia, solo la passione può portare al successo"

Diego Merlo, amministratore delegato del Caseificio dellʼAlta Langa di Bosia (Cuneo) racconta i segreti del successo dellʼattività di famiglia

Diego Merlo Caseificio dell'Alta Langa Bosia Cuneo
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"E' una sfida quotidiana.

Coi tempi che corrono ogni giorno è una battaglia". C'è grinta e passione nelle parole di Diego Merlo, amministratore delegato del Caseificio dell'Alta Langa di Bosia, in provincia di Cuneo. Una piccola realtà, rigorosamente artigianale e familiare, capace di lavorare ogni settimana 1.500 quintali di latte, di vendere il 40% dei propri prodotti oltre i confini nazionali e di fatturare 13 milioni di euro.

Come inizia la vostra storia?


"Noi rappresentiamo la terza generazione della nostra famiglia in questo settore. Tutto è iniziato con nostro nonno, che andava a comprare le formaggette dai piccoli produttori locali e le rivendeva poi nei mercati. Qualche anno più tardi, insieme a mio padre e a mio zio, ha iniziato a produrle. L'azienda è cresciuta tantissimo fino a che, nel 1991, abbiamo deciso di cederla. Lo stesso anno abbiamo acquistato questo piccolissimo caseificio, dove lavoravano solo 4 persone. Avevamo intenzione di fare una cosa molto più artigianale rispetto a quella precedente. Col tempo ci siamo allargati e adesso siamo a 75 dipendenti".

Cosa è rimasto di vostro nonno?


"Di nostro nonno è rimasto tutto. La sua passione è la nostra passione. D'altronde di questi tempi se non hai passione non vai avanti".

Si è imprenditori per Dna?


"In parte sì, nel senso che sicuramente dev'essere una caratteristica del tuo carattere. E' ovvio che il lavoro che hanno portato avanti le generazioni precedenti deve pure piacere. Altrimenti puoi avere tutto il Dna che vuoi ma non basta. Ci vuole passione, senza non vai avanti".

Qual è il vostro segreto, il vostro punto di forza?


"Il nostro punto di forza, che poi è stata la chiave del nostro successo, è la qualità. Noi non abbiamo macchinari. L'investimento è quindi sulle materie prime e sulla formazione dei nostri casari. Anni fa abbiamo deciso di fare prodotti mescolando vari tipi di latte. E' stata una scommessa perché è già difficile produrre usando un solo tipo di latte dal momento che non è mai uguale durante il corso dell'anno. La nostra forza è proprio riuscire a fare un prodotto costante nel tempo senza essere standardizzato come i prodotti industrializzati".

Quanto conta l'estero per il vostro caseificio?


"Attualmente l'export è intorno al 40%. E' un dato in forte crescita, basti pensare che fino a pochi anni fa non superavamo il 6-7%. Attualmente il nostro secondo miglior mercato è quello tedesco. Poi vendiamo bene anche in Australia, in Giappone... Un Paese che ci sta regalando molte soddisfazioni sono gli Stati Uniti. E' un mercato molto difficile, soprattutto perché è da costruire: fino a dieci anni fa pochissimi americani conoscevano prodotti come i nostri. Conoscevano solo la mozzarella o il grana".

Come viene accolta un'impresa italiana all'estero?


"L'italiano all'estero parte sempre con un po' di handicap, per mille motivi. Nell'alimentare però siamo visti piuttosto bene perché ci riconoscono la capacità di produrre bene. L'alimentare associato al Made in Italy dà un aiuto perché è vero, da un lato l'italiano è visto in maniera non così positiva ma dall'altro, sotto l'aspetto della qualità, è visto bene".

Siete tra i protagonisti di Expo 2015?


"Sì, saremo ospiti del padiglione di Intesa Sanpaolo (nell'ambito dell'iniziativa Intesa@Expo, ndr) dove potremo far assaggiare i nostri formaggi. Sicuramente Expo, al di là di tutte le polemiche, penso possa dare un aiuto all'artigianalità delle produzioni alimentari".