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Sacchetti di plastica via dal 2011

Il Consiglio dei Ministri ha infatti confermato lo stop all'utilizzato dei sacchetti di plastica dal 1 gennaio 2011, senza proroghe.

In pensione, quindi, quella che fu considerata una delle massime "innovazioni" del secolo passato: i sacchetti verranno sostituiti da equivalenti realizzati in materiale biodegradabile o carta. Esultano le associazioni ambientaliste che temevano, forse per i forti interessi economici implicati, una nuova proroga.

"E' una grande innovazione, quella introdotta dal governo - ha commentato il ministro Stefania Prestigiacomo, che si è opposta all'introduzione dell'ennesima proroga - che segna un passo in avanti di fondamentale importanza nella lotta all'inquinamento, rendendoci tutti più responsabili in tema di riuso e di riciclo".

"Al ministro Prestigiacomo va il nostro plauso per aver scongiurato, in Consiglio dei Ministri, una ulteriore proroga allo stop alle buste di plastica già previsto dalla legge Finanziaria 2007", ha detto il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza. "Vigileremo affinchè questa importante misura da noi fortemente voluta non sia nuovamente messa in pericolo dalle pressioni delle lobby dei produttori di plastica. La messa al bando dei sacchetti di plastica è un risultato importante non solo per la salvaguardia dell'ambiente, ma anche per chi scommette sull'innovazione e sulla chimica verde", ha sottolineato Ermete Realacci, responsabile green economy del Pd.

Da parte sua la Coldiretti, in sintonia, ricorda che "gli italiani sono tra i massimi utilizzatori in Europa di shopper in plastica, con un consumo medio annuale di 300 sacchetti a testa" e che "in Italia arriva un quarto dei 100 miliardi di pezzi consumati in Europa dove vengono importati per la maggioranza da paesi asiatici come Cina, Thailandia e Malesia. Il 28% di questi sacchetti diventa rifiuto e va ad inquinare l'ambiente in modo pressochè permanente poichè occorrono almeno 200 anni per decomporli".

Il problema non si limita a quello che si vede tra i rifiuti delle città, ma occorre pensare, per esempio, a quello che accade nei fiumi italiani e più in generale del mondo, quando le sponde ad ogni piena si trasformano in vere discariche; oppure alle isole di plastica alla deriva negli oceani. Secondo stime riportate sempre dalla Coldiretti, per produrne 200mila tonnellate vengano bruciate 430mila tonnellate di petrolio.