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Sciacca, il Teatro Popolare apre dopo quarant'anni solo per tre giorni

Un congresso del Rotary Club ha permesso l'inaugurazione di una struttura avveniristica progettata negli anni '70 e costata tantissimo. Per il futuro ancora tanta incertezza, ma non mancano le idee bizzarre...

- E' stato aperto a quasi quarant'anni dalla posa della prima pietra -ma il progetto risale addirittura al 1973- il Teatro Popolare di Sciacca, meglio conosciuto in città come teatro Samonà, dal nome dell'architetto che lo progettò. Aperto non per ospitare uno spettacolo ma per un congresso del Rotary Club e un concerto ad esso collegato. Tre giorni di "vita" lo scorso fine settimana con tanto di inaugurazione alla presenza del ministro degli Interni Angelino Alfano quindi ancora una chiusura, in attesa di tempi migliori.

    E' bizzarro che per la "prima" non sia andata in scena nessuna rappresentazione, ma è l'intera vicenda del Samonà a sembrare un testo teatrale: farsa, commedia, tragedia, la scelta è ampia. Teatro nel teatro, teatro dell'assurdo, meta-teatro, chiamatelo come volete. Del resto, Pirandello docet, la Sicilia è da sempre un grande palcoscenico vivente.

    Il sipario sul progetto era stato alzato nei primi anni '70. Bisognava ridare alla cittadina dell'Agrigentino un teatro dopo l'infausto abbattimento di un'altra struttura, il delizioso Politeama Rossi, raffinato edificio in stile neoclassico, demolito nel dopoguerra per far posto... a una stazione di autobus. Fu realizzato un progetto faraonico per una struttura capace di ospitare oltre mille persone che sarebbe sorta nel cuore della città vicinissima a una delle più belle viste sul mare di tutta la Sicilia, tra l'elegante edificio liberty che ospita le Terme e un ex convento dei francescani risalente al XIII secolo. Il teatro pian piano (molto piano) ha cominciato a prendere forma, e non è che, a vederlo dall'esterno, sia mai piaciuto tanto ai saccensi. Decisamente fuori contesto tra le due strutture che fanno parte della storia della città, ha sempre dato l'impressione di essere un'accozzaglia di enormi monoliti di cemento piovuti dal cielo.

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    Poco amato ma, in compenso, tanto costoso. La proprietà, ossia la Regione Siciliana, ha speso molti, moltissimi soldi. Si parla di trenta miliardi di vecchie lire alle quali sommare oltre 8 milioni di euro. Un esempio di pessima gestione della cosa pubblica che si aggiunge ad altri nella zona. Provate, giusto per fermarsi all'ultimo esempio, a fare una ricerca digitando su un qualsiasi motore di ricerca "Chiusura terme di Sciacca", e scoprirete come sia a rischio un patrimonio che in qualsiasi altra parte del mondo farebbe la ricchezza di un territorio. Un rischio che -è notizia di queste ultime ore- potrebbe essere scongiurato da un accordo al fotofinish.

    Tornando al Samonà, i lavori sono proseguiti in tutti questi decenni a singhiozzo, tra lunghi stop e improvvise riprese, intervallate da richieste di demolizione della struttura. Clamorosa l'uscita di Werner Herzog, che finì sulle prime pagine dei quotidiani nel 2009. Il visionario regista tedesco di "Fitzcarraldo" e "Grido di pietra" al Samonà voleva mettere in scena l' "Anello del Nibelungo" di Richard Wagner per un solo motivo: fare saltare in aria l'edificio prima dell'ultimo atto per proseguire la rappresentazione con un finale sopra le rovine. Herzog sosteneva di parlare seriamente, ma, testuali parole, "il cemento con cui è fatto il teatro è così solido, pesante e abbondante che ci vorrebbe una quantità mostruosa di dinamite per buttarlo giù, e si distruggerebbe mezza città".

    L'inaugurazione ha consentito ai cittadini di vedere dall'interno quel "mostro" che all'esterno è ancora quasi tutto da sistemare. Un mostro dall'anima buona, verrebbe a dire, visto che le reazioni non sono state negative, anzi. Il futuro però resta ancora un'incognita: l'apertura e il mantenimento della struttura per la sua naturale destinazione avrebbe dei costi di gestione talmente alti che nè la dissanguata Regione nè il Comune potrebbero permettersi di sostenere. Insomma c'è ancora un grosso punto interrogativo che pesa come un macigno sul Teatro Popolare. Ma la proverbiale fantasia siciliana ha scodellato immediatamente un'idea. C'è chi ha già chiesto provocatoriamente la riapertura... per la finale di Champions Juventus-Barcellona: le comode poltroncine ci sono già, basta montare un megaschermo sul palcoscenico e il gioco è fatto. Mettiamola così: non sarà teatro, ma almeno lo spettacolo dovrebbe essere assicurato.

    (foto di Nino Sabella)

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