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Scontri in Val di Susa, i No Tav forzano la zona rossa: 48 denunciati, ferito un poliziotto

Attivisti: "Traditi dal Movimento 5 Stelle". Salvini: "Nessuna tolleranza per i teppisti"

Scontri in Val di Susa, i No Tav forzano la zona rossa: 48 denunciati, ferito un poliziotto - foto 1
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Dopo le dichiarazioni sulla Tav del premier Conte, sabato è stata la giornata della "risposta" degli attivisti della Val di Susa.

I manifestanti, partiti dal presidio di Venaus, hanno raggiunto e violato la zona rossa, hanno aperto la cancellata e oltrepassato la barriera, e sono quindi giunti al cantiere di Chiomonte. Lanciate pietre, petardi e bombe carta verso la polizia, che ha risposto con lacrimogeni. Ferito un agente, 48 persone denunciate.

"Abbiamo centrato l'obiettivo. Volevamo arrivare al cantiere e ce l'abbiamo fatta", sono le parole di una 57enne valsusina che riassumono lo stato d'animo con il quale i No Tav sono rientrati in serata al campeggio di Venaus. Diverse migliaia di attivisti sono partiti da lì, hanno violato la "zona rossa", hanno forzato la prima cancellata, hanno raggiunto la seconda e sono arrivati a sfiorare le odiate recinzioni. Un agente della Digos viene ferito in modo lieve da una pietra, lanciata con petardi, bombe carta e lacrimogeni.

Denunciate 48 persone, Salvini: "Nessuna tolleranza" - Il bilancio finale è di 48 denunciati, tra cui molti attivisti del centro sociale torinese Askatasuna, compreso il suo leader. "Nessuna tolleranza per teppisti e delinquenti. La Tav si farà, indietro non si torna", dice il ministro dell'Interno, e leader della Lega, Matteo Salvini.

Bombe carta e lacrimogeni - La manifestazione era iniziata in modo pacifico, tra bandiere col treno crociato e lo slogan "Giù le mani dalla Val Susa" a fare da colonna sonora. "Siamo 15mila", dicono soddisfatti gli organizzatori quando, all'altezza dell'abitato di Giaglione, il corteo si divide in due tronconi. Una parte è rimasta lungo lo stradone principale, l'altro ha imboccato i sentieri che si inerpicano sul fianco della montagna. All'altezza della prima cancellata saltano fuori martelli, cesoie e persino un flessibile. Dopo un'ora di lavoro, interrotto soltanto per lanciare pietre verso le forze dell'ordine al di là della recinzione, la grossa e pesante cancellata salta e i No Tav proseguono la loro marcia verso il cantiere.

Dai boschi si leva una fittissima coltre di fumo, che torna a rendere l'aria irrespirabile quando i manifestanti, vestiti di nero e incappucciati, raggiungono il torrente Clarea. Dai boschi accanto partono grossi petardi e bombe carta. Per i No Tav è il segnale che la manifestazione è riuscita, le reti del cantiere ad un passo, e che si può tornare indietro.