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Milano, stalking: per i giudici persecutori pericolosi come mafiosi

Eʼ il principio stabilito, per la prima volta in Italia, da una decisione della Sezione misure di prevenzione, presieduta da Fabio Roia. La motivazione: "Femminicidio avviene dopo atti persecutori"

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lapresse

Un presunto stalker può essere considerato e trattato come un presunto mafioso.

E' il principio stabilito, per la prima volta in Italia, da una decisione della Sezione misure di prevenzione, presieduta da Fabio Roia, del Tribunale di Milano. All'imputato può quindi essere applicata la misura di sorveglianza speciale per pericolosità sociale anche in assenza di una condanna di primo grado. Il verdetto è stato emesso nel caso concreto di un filippino.

La difesa: "Atto incostituzionale" - L'uomo è accusato di atti persecutori nei confronti della sua ex compagna, a suo carico inoltre è in corso un altro procedimento per violenza sessuale. Il difensore, l'avvocato Alessandro Malvezzi, aveva proposto una questione di illegittimità costituzionale che riguardava proprio "la irragionevolezza dell'ampliamento" delle norme del codice antimafia (con la riforma introdotta con la legge del 17 ottobre 2017) ai "delitti contro la persona", come lo stalking. E lamentava la violazione di alcuni principi costituzionali, come quelli di uguaglianza, ragionevolezza e proporzionalità previsti dall'articolo 3 della Carta.

La motivazione dei giudici: "Femminicidio preceduto da atti persecutori" - I giudici Roia-Tallarida-Pontani nel respingere la questione, e dunque nell'applicare la misura di prevenzione all'uomo non ancora condannato, spiegano che "in un Paese dove circa un quarto degli omicidi volontari riguarda casi di femminicidio, evento terminale spesso preceduto da attività persecutorie poste in essere dall'agente violento, e dove il 77% delle vittime del delitto di atti persecutori risultano di sesso femminile, non appare certamente irragionevole o irrazionale, su un piano di lettura costituzionale, l'avere introdotto da parte del legislatore un ulteriore strumento di tutela sociale". E ciò per fare in modo di contenere "forme di pericolosità diffusa da accertare secondo i parametri probatori". A carico del filippino, infatti, scrivono i giudici nel decreto, ci sono "gravi indizi di colpevolezza" già valutati dal gip che ha disposto per lui l'arresto (è ai domiciliari). L'uomo, dunque, non potrà frequentare i luoghi "normalmente frequentati" dall'ex compagna. Questa è una delle tante prescrizioni della misura di sorveglianza speciale della durata di 1 anno e mezzo emessa a suo carico.