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Terremoto in Friuli, il ricordo a quarant'anni dal disastro

Lʼ"Orcolàt", lʼorco malvagio, come lo chiamarono i friulani, rase quasi completamente al suolo 45 paesi, provocando 989 vittime, 2.607 feriti e oltre 32mila sfollati

Sono passati quarant'anni da quel maledetto 6 maggio 1976, quando la terra tremò devastando il Friuli.

L'"Orcolàt" lo chiamano i friulani, quel gigantesco orco malvagio che dorme sottoterra e che, al suo risveglio, porta morte e distruzione in superficie. La scossa di 6,4 gradi della scala Richter rase quasi completamente al suolo 45 paesi, provocando 989 vittime, 2.607 feriti e oltre 200mila sfollati. Poi il "miracolo" della ricostruzione: a dieci anni dal disastro erano stati riparati quasi tutti i 75mila edifici danneggiati dalle scosse e ricostruiti 16mila dei 18mila che vennero distrutti.

La zona più colpita dal terremoto fu a nord di Udine. Ai soccorsi parteciparono, tra gli altri, oltre 12mila militari dell'esercito italiano: celebri le fotografie che li hanno immortalati durante le ricerche sotto le macerie e il trasporto di salme e feriti. Ma l'incubo non era ancora finito. L'11 e il 15 settembre dello stesso anno, l'Orcolàt tornò a far tremare il Friuli, provocando altri ingenti danni. La ricostruzione si è conclusa alla fine degli anni '80 e oggi restano da completare soltanto i castelli di Gemona e di Colloredo.

Il ricordo: "Bare in fila e macerie" - "I cimiteri... le bare allineate e accatastate in attesa di deporvi i cadaveri che le macerie restituivano... Sono i ricordi più tristi, laceranti, indelebili e devastanti di quell'esperienza". A parlare è Ivano Benvenuti, all'epoca del terremoto sindaco di Gemona, la città martire del sisma, quella che lasciò sul terreno quasi quattrocento morti. "Ogni anno quando si avvicina la data del 6 maggio non posso non riandare a quei momenti - afferma - e quest'anno, alla ricorrenza dei 40 anni, il ricordo si fa ancora più intenso, duro, difficile".

Benvenuti, allora giovanissimo, fu uno dei più stretti collaboratori di Antonio Comelli, presidente della Regione, unanimemente riconosciuto come il "padre" della ricostruzione del Friuli. A detta di tutti, ebbe il merito di guidare la sua comunità nei mesi e negli anni difficili del post-sisma, senza mai perdere di vista il contatto anche personale con i suoi paesani. "Del resto - prosegue Benvenuti - nelle nostre piccole comunità ci conosciamo un po' tutti. Ho perso molti amici...".

Il "modello Friuli" - Sono tanti i protagonisti di quegli anni. Difficile ricordarli tutti. Tra gli industriali chi dette un impulso straordinario a ricostruire e a ripartire, fu Rino Snaidero, patron dell'omonimo gruppo di Majano che subì danni enormi, ma che seppe ripartire meglio di prima. Tra i tecnici, molti dei quali non ci sono più, Claudio Malacarne, per anni dirigente della Segreteria generale straordinaria della Ricostruzione. "Lo Stato conferì alla Regione ampi poteri per la gestione del processo di ricostruzione - racconta Malacarne - tenendo per sé opere di stretta competenza, come l'edilizia di culto, quella universitaria e di carattere culturale, le grandi infrastrutture. Cantieri questi che lo Stato ha comunque gestito in stretta collaborazione con la Regione". Quest'ultima, a sua volta, ha avuto la possibilità di ricorrere alla delega ai Comuni favorendo così l'ascolto degli orientamenti espressi in sede locale. Le riunioni nelle tendopoli erano all'ordine del giorno. "Questo è stato il modello Friuli" - conclude - che ha funzionato".

"Quando telefonò Moro" - Accanto alle situazioni tragiche, c'è però chi ha la forza di ricordare qualche episodio "bello", legato alla tenacia dei friulani. "Quando restituimmo ai legittimi proprietari le roulotte che avevamo requisito dopo le scosse di settembre, i friulani che le avevano occupate lasciarono all'interno un mazzo di fiori per ringraziare. Un gesto semplice ma bello che testimonia il clima di quei mesi". Il racconto è di Giuseppe Zamberletti, classe 1933, "padre" della Protezione civile, Commissario straordinario per il sisma in Friuli nel 1976. "Mi ricordo che ricevetti la telefonata di Aldo Moro la mattina del 7 maggio - prosegue Zamberletti -. 'Guarda la situazione in Friuli è molto più grave del previsto. D'accordo con Francesco Cossiga (ministro dell'Interno) ti abbiamo nominato Commissario straordinario'". Nel pomeriggio, con un volo da Ciampino, aggiunge, "ero già a Campoformido e poche ore dopo sul luogo del disastro".