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"Carlo... perché?" La strage familiare nella confessione del marito assassino

Dopo aver chiesto il massimo della pena, Carlo Lissi si è lasciato andare e ha raccontato come ha ucciso la moglie e i figli prima di andare a godersi la partita dellʼItalia

maria cristina omes, carlo lissi
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Dopo aver invocato il massimo della pena, Carlo Lissi, fermato dai carabinieri per l'omicidio della moglie e dei due figli a Motta Visconti, nel Milanese, "si è come lasciato andare e da quel momento è stato un fiume in piena". A raccontarlo sono stati, nel corso di una conferenza stampa, il procuratore capo di Pavia, Gustavo Cioppa, e il comandante provinciale dei carabinieri di Milano, Maurizio Stefanizzi.

"Carlo... perché?" La strage familiare nella confessione del marito assassino

"Non c'è stato un raptus o un elemento scatenante - hanno aggiunto gli inquirenti - come una lite, o una brutta notizia: Lissi ha agito in modo lucido, nonostante il folle gesto". E mai l'uomo aveva dato adito a violenze in famiglia o a liti particolari con i conoscenti.

La ricostruzione - Sono circa le 23 quando Carlo e la moglie, Cristina, si trovano nel soggiorno della villa. I bambini dormono di sopra. I due hanno un rapporto sessuale, poi lei si adagia su un divano, a guardare la tv, e lui si alza e va in cucina. Un gesto normale, come per bere un bicchiere d'acqua, ma quando torna impugna un lungo coltello, si porta silenziosamente alle spalle della moglie e la colpisce di punta tra la gola e le spalle.

Lei scatta in avanti, barcolla, si gira, lo guarda negli occhi e gli chiede: "Carlo che stai facendo... perché?". Grida "aiuto", e la sua voce verrà sentita dai vicini ma scambiata per un urlo per la partita) ma come risposta ottiene un pugno che la scaraventa a terra. Quindi il marito la colpisce ancora con altri 3 o 4 fendenti, all'addome e alla schiena, uccidendola.

A qual punto Lissi sale al piano di sopra, dove ci sono la camera matrimoniale e le due camerette dei bambini. Prima va in quella della figlia di 5 anni, le appoggia una mano sul collo e le affonda con l'altra, di punta, tutto il coltello nella gola. La piccola morirà senza nemmeno svegliarsi. Poi va nella camera grande, dove il fratellino abitualmente viene fatto addormentare per poi essere spostato in cameretta: anche a lui, di soli 20 mesi, l'uomo conficca la lama profondamente, di punta, nella gola, tenendo fermo il collo.

Lissi, che è ancora in mutande dopo il rapporto intimo con la moglie, scende in cantina, si fa una doccia, risale in casa e si veste. Ha un appuntamento con un amico per vedere la partita dell'Italia: come nulla fosse si prepara, sale sull'auto, si ferma alcune centinaia di metri dopo, si sbarazza del coltello gettandolo in un tombino, arriva al pub dell'appuntamento, saluta l'amico e guarda la partita.

"Non tremava, non era nervoso, sorrideva e parlava di calcio, come tutti", ha raccontato un vecchio conoscente, sentito più volte in caserma. "Ha anche esultato in occasione dei gol di Marchisio e Balotelli", hanno precisato gli inquirenti. Intorno a lui tutti lo conoscono; il clima è festoso, con battute, urla, gli occhi incollati al maxischermo. E anche Lissi fa festa, per nulla scosso dal fatto di aver compiuto una strage a casa.

Alle 2, terminato l'incontro, torna a casa, e inscena il ritrovamento dei corpi e il panico per la strage.