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Fonsai, Corte d'appello di Milano assolve Giulia Ligresti: "Dopo sei anni la verità è arrivata"

I giudici hanno accolto lʼistanza degli avvocati difensori vista lʼinconciliabilità rispetto alla sentenza emessa per il fratello Paolo. La figlia dell'immobiliarista Salvatore: "Eʼ stata durissima ma non ho mai smesso di lottare"

Fonsai, Corte d'appello di Milano assolve Giulia Ligresti:
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Giulia Ligresti è stata assolta.

La Corte d'appello di Milano, infatti, ha accolto l'istanza di revisione proposta tramite i suoi difensori e ha revocato il patteggiamento in primo grado a 2 anni 8 mesi di carcere assolvendola definitivamente. La Ligresti era imputata per aggiotaggio e falso in bilancio nell'ambito del caso Fonsai.

In carcere a ottobre - Nell'ambito dell'inchiesta aperta dalla Procura di Torino per aggiotaggio e false comunicazioni sociali da parte della compagnia assicurativa Fonsai, poi confluita nel gruppo UnipolSai, Giulia Legresti era finista in carcere il 19 ottobre dopo che il giudice del tribunale di sorveglianza di Torino aveva respinto la proposta di un percorso di messa alla prova alternativo alla detenzione rendendo così efficace, dopo cinque anni, il patteggiamento. Ora è arrivata la svolta dopo che la sentenza di assoluzione, per gli stessi fatti, nei confronti del fratello Paolo era diventata definitiva rendendo "inconciliabile" le due sentenze. 

"E' stata dura, finalmente la verità" - "Finalmente dopo più di sei anni si è arrivati alla verità. E' stata durissima ma non ho mai smesso di lottare e di avere fiducia nella giustizia, nonostante la violenza di essere stata messa in carcere, con tutto ciò che ne consegue, da innocente". Sono state quest ele prime parole di Giulia Ligresti dopo la decisione della Corte d'appello. 

"Restituita dignità" - Secondo gli avvocati difensori la sentenza "restituisce piena dignità a Giulia Ligresti", di recente "bersaglio di falsi scoop e di una ingiusta carcerazione". La decisione della Corte d'Appello di Milano, "ristabilisce la verità su un'operazione finanziaria la cui reale storia inizia finalmente ad essere scritta", hanno detto i legali Gian Luigi Tizzoni e Davide Sangiorgio.

Inconciliabilità rispetto alla sentenza per il fratello Poalo - Proprio gli avvocati sono stati gli artefici della richiesta di revisione della sentenza di patteggiamento. L'istanza di revisione del patteggiamento, oggi accolta, era stata proposta per "inconciliabilità" della sentenza a carico di Giulia Ligresti emessa dalla magistratura torinese con quella del fratello Paolo, a luglio assolto anche in appello a Milano, dove venne trasferito un filone del procedimento.

Il disagio psocologico - Giulia Ligresti era stata arrestata il 17 luglio 2013 e aveva trascorso 40 giorni in cella, per poi ottenere i domiciliari grazie a una perizia che riconosceva il suo disagio psicologico causato dalla detenzione. La donna era tornata in libertà il 19 settembre 2013, dopo aver concordato il patteggiamento con il tribunale di Torino, diventato definitivo con una pronuncia della Cassazione e entrato in fase di esecuzione solo nel 2018.

La condanna di primo grado per il padre Salvatore - A Torino, invece, nell'ottobre 2016 il padre Salvatore e la sorella Jonella erano stati condannati in primo grado. L'ex patron di Fonsai era stato condannato a 6 anni come ex presidente onorario e amministratore di fatto della compagnia, la figlia Jonella a 5 anni e 8 mesi, l'ex amministratore delegato Fausto Marchionni a 5 anni e 3 mesi e l'ex revisore Riccardo Ottaviani a due anni e sei mesi. Erano stati assolti Antonio Talarico, ex vicepresidente della compagnia, e l'ex revisore Ambrogio Virgilio. All'apertura del processo di secondo grado, la Corte d'Appello di Torino si è dichiarata incompetente e ha inviato gli atti a Milano, annullando così la sentenza di primo grad e facendo di fatto ripartire da zero il processo. La tesi dei pm torinesi è che gli ex amministratori di Fonsai avrebbero falsificato il bilancio del 2010 nella parte che riguarda la riserva sinistri, sottostimandola di circa 600 milioni di euro, e provocando un danno complessivo agli azionisti di circa 250 milioni di euro.