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G8,pm:"Soldi e sesso a Bertolaso"

Per accusa favori in cambio di appalti

L'appartamento in via Giulia, 50mila euro in contanti, la "disponibilità" al Salaria Village "di Monica per prestazioni sessuali": sono "i favori", secondo la procura di Perugia, ottenuti dall'ex capo della Protezione Civile Guido Bertolaso in cambio degli appalti per il G8.

I capi di imputazione sono contenuti nell'avviso di conclusione indagini con cui i magistrati perugini si apprestano a chiedere il rinvio a giudizio di Bertolaso per corruzione.

A Bertolaso viene imputato inoltre, di aver compiuto nella sua qualità di capo Dipartimento della Protezione Civile, ''scelte economicamente svantaggiose per la Pubblica Amministrazione'' ricavandone ''favori e utilita''' di vario genere. Nelle 23 pagine del provvedimento redatto dai pubblici ministeri perugini nell'avviso di conclusione indagine inviato agli indagati per l'inchiesta sugli appalti del G8, a Bertolaso viene contestata la corruzione assieme a Diego Anemone.

Secondo la procura, l'ex capo della protezione civile, ''nel compiere atti contrari al proprio ufficio, connessi all'affidamento ed alla gestione degli appalti, illegittimamente favoriva l'imprenditore edile Diego Anemone, interessato all'aggiudicazione degli appalti gestiti dalla struttura di missione incardinata presso il Dipartimento'' per lo sviluppo e la competitivita' del turismo della presidenza del consiglio dei ministri. In particolare, i pm contestano tre appalti, tutti a La Maddalena: quello per la realizzazione ''del palazzo della conferenza e area delegati'', quello per la costruzione della ''residenza dell'Arsenale'' e quello per ''l'area stampa e servizi di supporto''.

'Il pubblico ufficiale Guido Bertolaso, da solo o in concorso di volta in volta con altri soggetti - scrivono i magistrati - compiva scelte economicamente svantaggiose per la Pubblica Amministrazione e favorevoli al privato, illegittimamente operava e consentiva, nella sua posizione di vertice, che i funzionari sottoposti operassero affinché le imprese facenti capo a Diego Anemone (da solo o in Ati con altre facenti parte del medesimo gruppo) risultassero aggiudicatarie degli appalti e consentiva che il costo dell'appalto a carico della Pa aumentasse considerevolmente rispetto a quello del bando, anche mediante l'approvazione di atti aggiuntivi successivi e a fronte di spese incongrue o meramente eccessive, al solo scopo di favorire stabilmente il privato imprenditore appaltatore, agli interessi del quale poneva stabilmente la propria funzione pubblica recependone continuativamente favori ed utilita' di vario genere''.

"Associazione a delinquere"
C'è anche l'associazione per delinquere tra i reati contestati nell'avviso di conclusione indagini. Il reato è ipotizzato per 15 degli indagati. Sono infatti accusati di essersi associati per commettere una serie indeterminata di reati di corruzione, abuso d'ufficio, rivelazione di segreto d'ufficio e favoreggiamento. Secondo i pm avrebbero infatti costituito un ''sodalizio stabile'' che attraverso la messa a disposizione della funzione pubblica dei funzionari a favore degli imprenditori, in particolare Diego Anemone e le sue imprese, consentiva una gestione ''pilotata e contraria alle regole di imparzialità ed efficienza della pubblica amministrazione delle aggiudicazioni e della attuazione degli appalti inerenti i Grandi eventi gestiti dal Dipartimento per lo sviluppo e la competitivita' del turismo della presidenza del Consiglio''.