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La Sicilia non vuole le trivelle

La mobilitazione dei sindaci contro le trivelle
Continua la minaccia per la probabile costruzione di nuove piattaforme per le trivellazioni in mare al largo delle coste siciliane, nelle zone sud-occidentali della Sicilia.Ma i sindaci dei comuni costieri della Sicilia Meridionale e Occidentale non stanno a guardare.

E si mobilitano riunendosi in seduta straordinaria nella città di Sciacca, su convocazione dell’Assessore al Territorio e Ambiente Giovanni Roberto Di Mauro, per discutere. E decidere sulle prossime mosse da contrapporre alle richieste di permessi per le trivellazioni delle coste sicule avanzate da svariate società. La questione è assai spinosa, se si considera che le società hanno ottenuto autorizzazioni alla ricerca petrolifera in terra e nel mare prospiciente le rive siciliane.

Le autorizzazioni sono una concreta minaccia agli insediamenti naturalistici
Tra le preoccupazioni dei sindaci sta, in primis, il pericolo di una concreta minaccia agli insediamenti e alle risorse naturalistiche. Secondo la relazione stilata dal consiglio dei sindaci infatti, pare che lungo le coste, nell’arco di tempo che va dal 2002 al 2010, siano state presentate al ministero dello Sviluppo Economico più di 40 richieste di permessi di ricerca Idrocarburi in mare. Autorizzazioni che insistono su un’area superiore ai 20mila kmq coinvolgendo un territorio che va da Trapani a Siracusa. E pare che ad oggi ben 20 su 40 concessioni abbiano ricevuto il via libera da parte dei ministeri competenti.

Le fasi dei piani di ricerca
In concreto, i piani di ricerca prevedono una prima fase realizzata con indagini sismiche condotta con pistole ad aria, chiamate airgun, che creano onde sonore ad alta intensità. Nella seconda fase si procede poi alla vera e propria estrazione del petrolio.Siti Patrimonio dell’umanità dell’Unesco, città a forte vocazione turistica, templi, riserve e aree marine protette oltre a grandi porti pescherecci, come Sciacca e Mazara del Vallo, rischiano molto se si considera che la distanza dalla costa della maggior parte dei pemessi di ricerca arriva a pochi metri dalla terraferma. E il problema si fa ancora più complicato se si aggiunge che le piattaforme petrolifere saranno ben visibili dalla terraferma, in alcuni casi persino raggiungibili, con una conseguente compromissione non solo dei siti archeologici ma anche di resort di lusso e porti che sorgono affacciati al Mediterraneo. Tutte strutture che hanno ricevuto dalla Comunità Europea, dallo Stato e dalle Regioni capitali elevati per incentivare lo sviluppo turistico.

I rischi che corrono le coste sicule
A turbare i sonni dei comuni sono poi i capitali sociali delle società richiedenti, alcuni dei quali arrivano a stento ai 10mila euro, pochi per coprire i possibili sversamenti accidentali di idrocarburi che causerebbero inquinamento e depauperamento dei fondali.E le azzurre coste meridionali italiane corrono grossi rischi anche per la presenza di vulcani attivi in prossimità delle coste. Come la bocca del vulcano dell’isola Ferdinandea, che si trova tra Sciacca e Pantelleria, a circa sei metri di profondità.

Gli studi propedeutici “imperfetti" delle società petrolifere
Proprio quel tratto di mare attira nuovi interessi commerciali: quelli della piccola compagnia petrolifera San Leon srl, che si accinge a cercare il greggio su un’area di 482 chilometri, vicinissimo ai tempi di Selinunte, e che ha già ricevuto la concessione ai sondaggi da parte del ministero dello Sviluppo Economico. Quasi impossibile per ora riuscire a contattare direttamente i dirigenti della San Leon, dato che la mediazione di una segreteria per concordare un appuntamento, non è ancora andata a buon fine e non ci ha concesso di intervistare “la controparte”. Ma di certo la Sicilia non sta a guardare: il comune di Sciacca ha già presentato un esposto alla Procura contro la San Leon. La società infatti oltre a garantire un capitale sociale minimo –che dovrebbe aggirarsi attorno ai diecimila euro- ha presentato uno studio dell’impatto ambientale in cui Ancona è accostata a Sciacca. “Uno studio propedeutico”- specifica la società, che sembrerebbe essere un mero copia-incolla del piano destinato al comune anconetano e semplicemente “riciclato”per la Sicilia.

Comuni siciliani, una mozione contro le società petrolifere
E i comuni si sono riuniti e hanno firmato una mozione, approvata in Assemblea regionale all’unanimità e inviata al Presidente della Repubblica e alle massime autorità, per costituire un Organo di Coordinamento che “persegua lo scopo di impedire l’effettuazioni di ricerche petrolifere su tutto il Territorio ed il Mare di Sicilia”. Pur avendo sulla vicenda solo un parere non vincolante, le autorità siciliane sono determinate ad andare fino in fondo alla vicenda. Considerando che il voto unanime per la mozione anti-trivellazioni ha messo già incredibilmente d’accordo gli schieramenti siciliani di destra e sinistra, la corsa all’oro nero siciliano non sarà impresa facile per le società petrolifere.

Giuditta Avellina