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Truffa allo Stato, undici indagati

Undici persone risultano indagate nell'ambito di un'inchiesta su una presunta truffa allo Stato di circa 34 milioni di euro.

Nel mirino della Guardia di Finanza di Catania, una rete di società italiane ed estere che riuscivano a ottenere finanziamenti pubblici attraverso la costituzione di contact center, aziende che vendono software a clienti del settore televisivo e della telecomunicazione, in Piemonte, Puglia, Calabria e Sicilia.

Nell'inchiesta, coordinata dal procuratore capo etneo Vincenzo D'Agata e dal sostituto della Dda Antonino Fanara, sono indagate 11 persone, nei cui confronti i militari delle Fiamme gialle hanno eseguito un'ordinanza cautelare emessa dal Gip Francesca Cercone. Il giudice ha disposto anche il sequestro di beni per 130 milioni di euro riconducibili a quattro società e agli indagati, compresa una barca a vela di oltre 20 metri, vincitrice di diverse regate oceaniche e nota per essere stata il set cinematografico del film del 1989 'Ore 10, calma piatta' del regista Phillip Noyce, che aveva tra i protagonisti anche l'attrice Nicole Kidman.

Le indagini della Guardia di finanza di Catania avrebbero permesso di ricostruire l'esistenza di complesso gruppo societario a "piramide" organizzato con il sistema delle "scatole cinesi", allo scopo di rendere difficile qualunque tipo di accertamento fiscale e patrimoniale.

Complessivamente sono 10 le persone arrestate, a cinque delle quali sono stati concessi i domiciliari. E' attualmente irreperibile un indagato che si troverebbe all'estero.

Al centro dell'inchiesta ci sono progetti finanziati dal ministero dello Sviluppo economico per un ammontare di 44 milioni di euro, 34 dei quali circa già concessi, a favore di quattro società: la B2b con sede legale a Catania ma operante a Trapani, la Multimedia planet con sedi a Trapani e Bistritto (Bari), la Multivoice di Lametia Terme (Catanzaro) e la Soft4web di Vibo Valenzia.

Secondo l'accusa la truffa verteva sull'acquisto, con finanziamenti di Stato ottenuti con la legge 488, del 'codice
sorgente' di un software di gestione di call center, che secondo la polizia postale di Catania non sarebbe però mai stato utilizzato perche' presentava un bug di difficile soluzione informatica e che era prodotto da due aziende che avevano sede all'estero. Le indagini della Guardia di finanza avrebbero permesso di appurare l'esistenza di anomale fatturazioni fra 'gruppi' e aziende, che per la Procura di Catania erano soltanto apparentemente estranee tra loro, ma in realtà erano collegate.

Con questo sistema, ritiene l'accusa, sarebbe stato possibile "svuotare le cassa dei call center a favore di conti correnti, aperti in banche svizzere e orientali, da società organicamente poste in posizione 'superiore' nella catena di controllo a 'piramide'".

Alcuni dei promotori della truffa, secondo l'accusa, prestavano la propria consulenza alla società fornitrice del software, per il quale avrebbero ricevuto i contributi, affinché fosse utilizzabile almeno a livello dimostrativo per ingannare gli ispettori ministeriali preposti al controllo.

Per il procuratore capo D'Agata e il sostituto Fanara, "erano tre degli indagati i veri ideatori e promotori" di quella che i magistrati definiscono "una e vera e propria associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie di reati tributari e, soprattutto, di truffe ai danni dello Stato con la richiesta e la percezione di contributi pubblici non dovuti".