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Cucchi, "certificato morte falso"

Il medico di turno dell'ospedale Sandro Pertini nel certificato di morte di Stefano Cucchi scrisse il falso.

E' l'accusa della Procura, per la quale fu "falsamente attestato che si trattava di morte naturale". Il medico, nonostante i numerosi traumi sulla salma, non provvide a informare le autorità giudiziare del decesso. Sotto accusa anche tre agenti penitenziari che aggredirono a calci il giovane in una cella di sicurezza del tribunale.

Ecco dunque come andarono le cose secondo le ricostruzioni della Procura. Le tre guardie carcerarie accusate di lesioni e abuso di autorità aggredirono Stefano mentre si trovava in una cella di sicurezza del tribunale di Roma il 16 ottobre, dove stava aspettando l'udienza di convalida, prendendolo a calci e spingendolo. E' quanto affermano i magistrati capitolini nel capo di imputazione.

L'aggressione delle guardie carcerarie
I tre agenti di polizia penitenziaria (Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenica), lo "fecero cadere a terra" causandogli un "politrauma" nella zona "sopracilliare sinistra", ferite alle mani e lesioni al gluteo destro e alla gamba sinistra nonchè "l'infrazione della quarta vertebra sacrale". Inoltre, i tre, "allo scopo di far desistere Cucchi" dalle "reiterate richieste di farmaci e alle continue lamentele lo sottoponevano a misure di rigore non consentite dalla legge".

Quanto al funzionario del Prap, Claudio Marchiandi, è accusato di aver istigato uno dei medici indagati che il 17 ottobre era di turno in servizio presso la struttura protetta del Pertini "a indicare falsamente nell'esame obiettivo riportato nella cartella clinica redatta all'ingresso del paziente i seguenti dati in ordine alle condizioni generali dello stesso che le condizioni generali di Cucchi erano 'buone'". Dati che sarebbero stati invece "in contrasto con quanto indicato nella cartella infermieristica redatta presso lo stesso reparto e con i rilievi obiettivi dei sanitari di Regina Coeli e di quelli del Fatebenefratelli".

Il legale della famiglia: come i deportati nei lager
"La ricostruzione della vita di Stefano in quei momenti è allucinante, ricorda la detenzione degli internati dei campi di concentramento, di Auschwitz e di Dachau". Questa l'opinione di Fabio Anselmo, legale della famiglia di Stefano Cucchi, intervistato da CNRmedia. "Abbiamo abuso d'ufficio, falso, sono state ignorate le sue richieste d'aiuto osserva l'avvocato -. Sarebbe riduttivo soffermarci al fatto che sono state riconosciute per gli agenti penitenziari le lesioni e non l'omicidio preterintenzionale". "Noi siamo molto soddisfatti di questi capi d'imputazione - prosegue Anselmo - a prescindere dalla qualificazione giuridica relativa alle guardie, sulla quale siamo fiduciosi di poter influire quando ci sarà la richiesta di rinvio a giudizio: ma non possiamo non dare atto ai pm di aver fatto un grande lavoro e di aver elaborato un capo d'imputazione che in termini di fatto è terribile e che, secondo noi, è idoneo già di per sè a configurare l'omicidio preterintenzionale".