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Lazio, Marrazzo si è autosospeso

"Vicenda frutto di debolezza privata"

Dopo l'inchiesta sull'estorsione subita, il presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, si è autosospeso da ogni incarico.

I suoi poteri sono stati delegati al vicepresidente Esterino Montino. "La vicenda è frutto di una debolezza della mia vita privata - fa sapere il governatore - e ho sempre agito da solo. Gli errori non hanno mai interferito nella mia attività ma ora la mia permanenza è inopportuna. Rinuncio a ogni indennità".

"Ho detto la verità ai magistrati prima che l'intera vicenda fosse di pubblico dominio", ha spiegato il Governatore in una nota. "L'inchiesta sta procedendo speditamente anche grazie a quelle dichiarazioni, che sono state improntate dall'inizio alla massima trasparenza. Si tratta di una vicenda personale in cui sono entrate in gioco mie debolezze inerenti alla mia sfera privata, e in cui ho sempre agito da solo", ha aggiunto. "Nelle condizioni di vittima in cui mi sono trovato ho sempre avuto come obiettivo principale quello di tutelare la mia famiglia e i miei affetti più cari; gli errori che ho compiuto non hanno in alcun modo interferito nella mia attività politica e di governo", spiega Marrazzo.

"Ho deciso di autosospendermi immediatamente e a tal fine ho conferito al vicepresidente la delega ad assumere la provvisoria responsabilità di governo e di rappresentanza ai sensi della normativa vigente, rinunciando a ogni indennità e beneficio connessi alla carica", si legge nel testo. "In considerazione degli importanti provvedimenti di governo e legislativi che nell'immediato dovranno essere assunti, in virtù della particolare congiuntura economica e anche in relazione alle funzioni che svolgo in qualità di commissario di Governo, ho deciso di aprire un percorso che porti alle mie dimissioni dalla carica di presidente della Regione", ha concluso.

Dimissioni a fine anno
All'autosospensione seguiranno le dimissioni. Questo il percorso che la maggioranza avrebbe concordato con Piero Marrazzo dopo l'incontro seguito allo scandalo in cui è rimasto coinvolto il presidente della Regione Lazio. L'intento è quello di andare alle elezioni a marzo come già previsto. L'autosospensione dunque è stato l'istituto scelto dalla maggioranza per non trovarsi forzatamente tra 90 giorni, ovvero a gennaio, alle urne. La legge 104 infatti prevede che dal momento delle dimissioni del presidente della Regione passino 90 giorni per andare al voto. Un tempo giudicato troppo breve dalla maggioranza di centrosinistra che ora, dopo l'affaire Marrazzo, dovra' affrontare le primarie del Pd e la ricerca di un nuovo candidato.

I 4 militari restano in carcere
Restano in carcere i quattro carabinieri accusati. Il gip del tribunale di Roma Sante Spinaci ha infatti convalidato il fermo ed emesso anche un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti degli indagati: Luciano Simeone, 29 anni; Carlo Tagliente, 30; Antonio Tamburrino, 28; Nicola Testini, 37. La decisione è stata presa al termine degli interrogatori che si sono svolti nel carcere di Regina Coeli.

Carabinieri accusati: "Siamo vittime"
Sarebbero stati anche loro "vittime e pedine della stessa macchinazione" ai danni del presidente della Regione Lazio. Macchinazione ordita da chi sarebbe gerarchicamente "molto più in alto". E' stato questo il denominatore comune della difesa, durante gli interrogatori, davanti al gip. Nicola Testini, Luciano Simenone e Carlo Taglienti, assistiti dall'avvocato Marina Lo Faro, hanno respinto le accuse davanti al giudice di aver estorto denaro a Marrazzo, di averlo ricattato e hanno fatto riferimento, secondo indiscrezioni trapelate, a "un piano" ordito anche ai loro danni, oltre che ai danni dell'ex governatore, in cui loro quattro sarebbero serviti come una sorta di capri espiatori da sacrificare sull'altare di un non meglio precisata strategia per delegittimare il presidente della Regione.

"Odiati dai trans"
Al gip, a loro difesa, hanno elencato "gli encomi ricevuti" in una carriera specchiata. Hanno parlato ed elencato le operazioni antidroga sostenendo di essere "invisi e odiati" negli ambienti dei transessuali e dei tossici della zona a nord di Roma, dove si trova l'abitazione di Natalie, il trans che ebbe all'inizio di luglio in Via Gradoli, un incontro intimo con Marrazzo.

A loro difesa hanno anche respinto l'accusa di aver danneggiato, come giustificato dal provvedimento di fermo emesso ai loro danni dalla procura di Roma, le auto della figlia e della ex moglie di Marrazzo.

Il gip ha tuttavia confermato nell'ordinanza l'impianto accusatorio delineato nel provvedimento di fermo rilevando per i carabinieri infedeli il pericolo di fuga, l'inquinamento delle prove e la reiterazione del reato e quindi sostendo la necessità della custodia cautelare in carcere per tutti e quattro i militari.

I tre carabinieri infine, hanno anche negato di avere "ingenti risorse patrimoniali" come riferito da Max Scarfone ai Ros, il fotografo che sarebbe stato un teste chiave nella vicenda - già coinvolto nel caso Silvio Sircana per avcere scattato le foto all'ex portavoce di Romano Prodi fermo in auto sulla via Salaria accanto a un trans.