FOTO24 VIDEO24 Logo Mediaset ComingSoon.it Donne logo mastergame Grazia Meteo.it People sportmediaset_negative sportmediaset_positive TGCOM24 meteo.it
Podcast DirettaCanale 51
Temi del momento

Cassazione: ok a coltivare cannabis

"Ma solo se piantine non sono mature"

La Cassazione assume una posizione meno rigida nei confronti di chi coltiva marijuana.

Con una sentenza stabilisce che non può essere condannato chi ha piantine non mature, poiché non contengono principio drogante. Qualche mese fa, la Suprema corte aveva affermato che la coltivazione di cannabis costituisce sempre reato anche se in minime quantità.

Con la sentenza la Cassazione ha annullato senza rinvio "perché il fatto non sussiste" la condanna inflitta a un 44enne dalla Corte d'appello di Ancona per violazione della normativa sulla droga. L'imputato aveva coltivato 23 piantine di cannabis in un campo vicino a casa. I giudici anconetani avevano "accertato tramite consulenza tossicologica che le piante avevano attecchito sul terreno, se lasciate giungere a maturazione, avrebbero prodotto una notevole quantità di principio attivo". Così lo avevano condannato a un anno e quattro mesi di reclusione e a  3.500 euro di multa.

L'imputato aveva in seguito presentato ricorso al Palazzaccio contro il verdetto della Corte d'appello. L'accusa, per lui, era carente di motivazione, poiché "per giungere a maturazione e a produrre sostanza drogante sono necessari altri fattori favorevoli (terreno, clima, etc.) la cui esistenza non è stata accertata".

Ma se, secondo i giudici di Ancona la coltivazione di marjuana costituisce sempre reato e rappresenta un elemento di pericolo sociale e per la salute dei consumatori, i togati della Cassazione la pensano diversamente. Basandosi sul principio della presunzione di non colpevolezza hanno accolto il ricorso dell'imputato. Per la Suprema corte accertare "l'assenza di ostacoli alla futura produzione di principi attivi" non significa che in futuro questi vengano effettivamente prodotti.

Per la Cassazione, poi, "l'intervento punitivo dello Stato" deve esserci solo quando è concretamente minacciato il bene della salute. In caso contrario "il giudice, guidato dai principi di ragionevolezza della pena in presenza di una condotta offensiva, deve chiedersi se possa esercitare il potere punitivo dello Stato, sacrificando la libertà personale, per tutelare il bene delle salute, dinanzi a una offensività non ravvisabile neanche in grado minimo".