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Gravina, il padre accusa la polizia

"Dovevano cercare là, lʼavevo detto io"

Un lungo pianto e un'accusa.

Così Filippo Pappalardi ha accolto Angela Aliani, il suo avvocato difensore, venuta a fargli visita nel carcere di Velletri per la prima volta da quando i due figli dell'uomo, Ciccio e Tore, sono stati ritrovati morti nella "casa delle cento stanze" a Gravina in Puglia (Bari). "L'avevo detto io alla polizia che dovevano cercare là dentro", ha urlato al legale prima di esplodere in un pianto liberatorio.

Altro per il momento non è trapelato dall'interno del carcere dove il detenuto e l'avvocato hanno avuto circa tre ore di colloquio. Lo stesso legale, appena fuori, ha riferito di essere molto provato e di non voler rilasciare interviste. Per la prossima settimana, poi, è attesa la decisione del giudice sulla richiesta di scarcerazione di Filippo Pappalardi presentata dal suo difensore perchè dopo il ritrovamento dei corpi e i primi esami autoptici lo scenario accusatorio sarebbe decaduto. Intanto, nell'edificio sottoposto a sequestro sono continuati i rilievi della polizia scientifica, che sta ispezionando la cisterna e tutta la costruzione alla ricerca di elementi che possano aiutare a definire le circostanze che hanno portato i due fratellini a cadere lungo il cunicolo del pozzo.

Per gli investigatori forse un incidente, ma la Procura frena
Durante i primi esami compiuti sui cadaveri dei due fratellini, fonti investigative hanno fatto trapelare che la tesi dell'accusa potrebbe vacillare. Avanza sempre di più l'ipotesi che possa essersi trattato di un incidente. Dalla Procura, tuttavia, frenano. "Non sappiamo ancora - hanno fatto sapere - se la caduta sia stata accidentale o meno, oppure se questa sia derivata da un inseguimento o se i fratellini siano stati buttati nel pozzo''.

Il medico della difesa: "Una morte orribile"
"In quarant'anni di professione come medico legale non ho mai visto niente di simile. E' stata davvero una morte orribile specialmente per Tore che si è spento alcune ore dopo la morte del fratellino. Dalla scena si ricava che Tore cercò disperatamente una via di uscita indicata da un raggio di luce, ma resosi conto dell'impossibilità di salvarsi, raschiò freneticamente con le unghie una parete del cunicolo". Lo afferma il prof. Luigi Strada, dell'istituto di medicina legale dell'Università di Bari e consulente della difesa di Filippo Pappalardi.

Strada ne parla in un'intervista all'emittente pugliese Telenorba nella quale, rispondendo a domande del giornalista Vito Zita, descrive l'agghiacciante scena della cisterna nella quale hanno trovato la morte Ciccio e Tore. Strada è sicuro del fatto che Ciccio, il primo a cadere nel precipizio, non si rese assolutamente conto del rischio e cadde di piombo sul fondo. Tore, invece, nel tentativo di soccorrere il fratello è sceso cercando di utilizzare gli appigli esistenti nel condotto, riducendo gli effetti della caduta. Nella tragica scena del pozzo non sono stati trovati altri oggetti che un pennarello, che è stato trovato in una scarpa.

Ritratta uno dei testimoni
Benché la Procura ritenga ancora intatte le motivazioni che hanno portato all'arresto di Filippo Pappalardi, uno dei testimoni, pare che abbia già ritrattato: "Ho sempre detto alla polizia di non ricordare bene la data, a distanza di tre mesi non era semplice. Ma loro volevano una data certa". Pappalardi si trova in regime di detenzione carceraria dallo scorso 27 novembre, quando la procura di Bari gli notificò l'ordine di carcerazione accusandolo di aver "sequestrato, picchiato e ucciso e occultato i cadaveri dei suoi figli".