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Delitto Calvi:assolti gli imputati

Accusa aveva chiesto 4 ergastoli

La seconda corte di Assise di Roma ha assolto tutti gli imputati coinvolti nel processo per la morte di Roberto Calvi: sono l'imprenditore Flavio Carboni, l'ex cassiere della mafia Pippo Calò, l'ex compagna di Carboni, Manuela Kleinszig, Ernesto Diotallevi e Silvano Vittor.

Il banchiere venne trovato impiccato a Londra, sotto il ponte dei Frati Neri, il 18 giugno 1982.

Manuela Kleinszig assolta con formula piena
Dei cinque imputati, tutti accusati di concorso in omicidio volontario premeditato del presidente del vecchio Banco Ambrosiano, la Corte, presieduta da Mario Lucio d'Andria, ne ha assolti quattro con quella che un tempo era la formula dell'insufficienza di prove (ai sensi dell'articolo 630 c.p.p., secondo comma). Ha invece pronunciato l'assoluzione con formula piena per Manuela Kleinszig. L'imputata era stata l'unica per cui il pm Luca Tescaroli aveva sollecitato l'assoluzione, mentre per Carboni, Calò, Diotallevi e Vittor, era stata richiesta la condanna all'ergastolo.

Il pm Luca Tescaroli aveva chiesto quattro condanne all'ergastolo per concorso in omicidio volontario con l'aggravante della premeditazione - per Carboni, Diotallevi, Vittor e Calò, ritenuto il cassiere di Cosa Nostra - e l'assoluzione per la Kleinszig. La Corte ha accolto le tesi degli avvocati difensori, ovvero Renato Borzone e Oreste Flaminii Minuto. Tutti gli imputati erano finiti a giudizio perché in concorso tra loro e con altri non ancora identificati, avvalendosi delle organizzazioni criminali di tipo mafioso (Cosa Nostra e Camorra) avrebbero organizzato la morte di Calvi ''per punirlo di essersi impadronito di notevoli quantitativi di denaro appartenenti alle organizzazioni criminali''.

La sentenza 25 anni dopo la tragedia
Calvi, soprannominato "banchiere di Dio" per i suoi stretti legami con il Vaticano, fu trovato impiccato a un'impalcatura sotto il ponte dei Frati Neri a Londra il 18 giugno 1982, con alcuni mattoni nelle tasche e 15.000 dollari addosso. Inizialmente la morte era stata archiviata come suicidio dalla procura di Milano. Nel 1992, però, la Cassazione decise il trasferimento dell'inchiesta dal capoluogo lombardo a Roma, la cui procura venne in possesso di nuovi elementi per aprire una nuova indagine per omicidio volontario e premeditato. Nel 1997 il gip del tribunale di Roma Mario Almerighi emise un'ordinanza di custodia cautelare con l'accusa di omicidio a carico di Calò e Carboni come presunti mandanti del delitto Calvi. L'ipotesi dell'accusa era che Calvi fosse stato ucciso da Cosa Nostra perché impossessatosi dei soldi del pidduista Licio Gelli e dello stesso Calò. Nel 1998 Otello Lupacchini, il gip del tribunale di Roma subentrato ad Almerighi, ordinò una nuova perizia sulle cause della morte di Calvi. Fu questa perizia a stabilire che l'ex presidente del banco Ambrosiano non si suicidò ma fu invece assassinato. Nel settembre del 2003 la polizia britannica ha riaperto il caso.