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"Elefante scolpito nell'antichità"

Calabria,lo scopritore: "Ecco le prove"

"Ne sono certo.

L'elefante sui monti della Sila è stato scolpito nell'antichità, probabilmente da una antica civiltà che abitava questa zona della Calabria". A parlare è Domenico Canino, lo "scopritore" delle statue di pietra di Campana, nel Cosentino, che a Tgcom dice: "Anche l'altra statua, quella che sta di fronte all'elefante è di interesse archeologico. Infatti, rappresenta le gambe di un guerriero".

Da quando ha "scoperto" le due statue Domenico Canino, un architetto con la passione per l'archeologia, non si dà pace. "Quel giorno, circa tre anni fa, ero venuto qui per cercare monete antiche, un'attività che mi impegna da quando era piccolo - spiega -. Tutt'a un tratto mi sono ritrovato davanti all'elefante. Mi si è bloccato il sangue nelle vene. Ho subito capito di essere davanti a una statua antichissima, che non avevo mai notato prima perché era circondata da un castagneto".

Da quel giorno Canino trascorre tutto il suo tempo libero a studiare, fare ricerche, cercare riscontri per dimostrare che quella statua non è frutto di erosione naturale. E anche a perlustrare la zona, a caccia di altre statue. "Sono tre anni - dice - che chiedo alla Soprintendenza di fare accertamenti. Ma ancora nessuno ha fatto niente. In compenso, io trascorro tutto il mio tempo libero a studiare le due statue e anche le altre rocce presenti nei dintorni di Campana. E ho scoperto molte cose interessanti".

Tanto per cominciare Canino è convinto di non essere di fronte a un caso di erosione naturale. "Prendiamo l'elefante - dice -. E' una statua imponente e dinamica, con le zampe flesse come se stesse camminando. Basta guardare gli occhi e la proboscide per rendersi conto che siamo di fronte a una scultura: entrambi sono molto marcati. Dietro una zanna ci sono i resti di quella che sembra una gamba umana. Forse in origine vi era un guerriero a cavallo. E questo spiegherebbe perché gli anziani chiamano questo luogo le rocce di ‘ncavallicata, un termine dialettale che significa a cavallo”.

Già, ma che ci fa un elefante nei boschi della Sila? Chi può averlo scolpito? "Di solito - dice Canino - quando si parla di elefanti in Calabria il pensiero corre a Pirro e Annibale. Il primo arrivò nel 280 a.C. in soccorso ai Brettii, un popolo che abitava la Calabria settentrionale e combatteva contro i romani. Il secondo attraversò le Alpi nel 218 a. C. con un folto numero di elefanti. Anche lui strinse alleanza con i Brettii – aggiunge -. E infatti molta gente qui ritiene che a costruire la statua sia stato questo popolo. Ma io non ne sono convinto. La statua, infatti, non ha le orecchie grandi come quelle dell'elefante africano di Annibale e le sue zanne non sono rivolte verso l’alto come quelle dell’elefante di Pirro. Questa statua somiglia di più a un esemplare di Elephans Antiquus, estintosi alla fine del Pleistocene, circa 12 mila anni fa. Lo dimostrano il fatto che la zanna è rivolta verso il basso e che, seppur mutilata, raggiunge la lunghezza di 180 cm: completa sarebbe stata 220 centimetri, come quelle fossili ritrovate nel rione Archi di Reggio Calabria alcuni anni fa".

E non finisce qui. "La roccia di fronte all'elefante - dice Canino - un tempo rappresentava un guerriero, di cui adesso sono rimaste le gambe dal ginocchio in giù. Doveva essere una statua gigantesca, seduta su un trono. Lo dimostra il fatto che le ginocchia sono unite. A questo proposito io ho fatto un esperimento: con un fotomontaggio ho sovrapposto la foto delle due gambe con quella di un faraone egizio: il risultato è impressionante".

"Di solito quando dico che quella roccia rappresenta un guerriero - aggiunge Canino - nessuno mi crede. E' per questo che sto cercando la testa nella valle sottostante al sito della 'ncavallicata. Spero tanto di trovarla, così come spero di trovare prove documentali del fatto che qui esistevano due colossi. Qualcuna l'ho già trovata: una mappa del '600 in cui questa zona viene indicata col nome di "Cozzo delli giganti", il che potrebbe significare che in quell'epoca i due colossi erano interi e chi ha fatto la mappa li conosceva. E poi ho trovato una poesia del '600, scritta da un vescovo calabrese, in cui si fa riferimento esplicito al ciclope di Campana e a un terremoto che l'avrebbe fatto crollare". Una antica tradizione locale "obbliga" gli abitanti di Campana a tenere ben chiuse porte e finestre nella notte del 2 febbraio, quando per le strade del paese passa "u ciclope". Un elemento in più a dimostrazione del fatto che non è stata la natura a dar vita alle due statue, il ciclope e l'elefante?

Tamara Ferrari