Portata in ospedale, non è grave
Una sparatoria è avvenuta a Bari vecchia provocando tre feriti. Tra questi c'è anche una bambina di tre anni. Sul posto si sono messi subito al lavoro carabinieri e polizia per accertare la dinamica dell'accaduto. Le persone ferite sono state condotte in vari ospedali della città, la bambina è stata ricoverata al policlinico. Secondo le prime informazioni, nessuno avrebbe riportato ferite gravi e la piccola sarebbe stata colpita a una gamba.
La piccola si trovava con la madre a un'altra donna in compagnia del noto pregiudicato Luigi Milloni, bersaglio del sicario. Anche le due donne sono state raggiunte dai proiettili alle gambe. Mentre l'uomo è stato ferito all'addome e agli arti inferiori da numerosi colpi. Per lui i medici si sono riservati la prognosi. Pasqua Abbattista, di 37 anni, convivente di Milloni, è stata colpita a una caviglia, mentre la bambina che la donna teneva in braccio è stata centrata ad una gamba, come Francesca Tavarilli, di 46 anni, che era seduta davanti il suo "basso" in via La Trulla. Per loro la prognosi di guarigione è di trenta giorni , mentre e' riservata per Luigi Milloni, che è stato colpito da numerosi proiettili all'addome e al torace.
L'agguato è stato compiuto in vico Latrolla, vicino alla cattedrale. I carabinieri non hanno accertato se sia stata usata più di una pistola. Un sopralluogo sul posto è stato fatto dal sostituto procuratore della Repubblica del tribunale di Bari di turno Desiré Digeronimo.
Luigi Milloni, pregiudicato di 39 anni, scarcerato solo tre mesi fa, è stato colpito forse da una sventagliata di mitraglietta da un killer che a bordo di una moto guidata da un complice, lo ha inseguito e raggiunto mentre tentatava di rifugiarsi nella sua abitazione. L'uomo era stato scarcerato lo scorso inverno dopo aver trascorso 12 anni in carcere per un omicidio mai compiuto, e per il quale solo recentemente è stato arrestato il presunto responsabile. Il pregiudicato era finito in prigione sulla base delle dichiarazioni di un testimone che in seguito ammise di essere stato costretto a dichiarare il falso perché minacciato di morte da presunti affiliati al clan che, all'epoca dei fatti, era in guerra con la famiglia malavitosa cui sarebbero stati vicini - secondo la Dda - i due accusati.