Quindici dipendenti e tre magistrati al lavoro per un carcerato: costo un milione l'anno
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In tutta Italia oggi c'è un solo detenuto per reati militari. E ha varcato la soglia del carcere campano di Santa Maria Capua Vetere venerdì. Un carcerato da codice penale militare, un settore della Giustizia, quella appunto dei reati militari, sulla quale lavora un'intera struttura pubblica. Si tratta del Tribunale militare di sorveglianza, che comprende tre magistrati e quindici dipendenti tra civili e militari.
A raccontare il caso è il "Corriere della Sera", che ricorda come per mesi l'Italia non abbia avuto neanche un detenuto da codice penale militare. Quello entrato in cella venerdì scorso è un sottufficiale dell'Aeronautica che è stato condannato a dieci mesi di detenzione per forzata consegna aggravata: in pratica, è entrato in caserma in modo non ortodosso.
Spese inutili in tempi di spending review - Un caso più unico che raro dunque, visto che i militari che violano le leggi latitano da tempo. Eppure, anche se chi presta servizio nell'esercito è un cittadino modello, esiste un Tribunale preposto che costa, solotanto per gli stipendi, un milione di euro l'anno. Certo, gli addetti non hanno soltanto il compito di sorvegliare i detenuti, ma è quella la loro funzione principale.
A puntare il dito contro questo caso di ennesimo spreco di denaro pubblico è Antonino Intelisano, procuratore generale militare alla Corte di Cassazione, che al "Corriere" dichiara: "Quel tribunale io lo taglierei per insignificanza statistica dei dati. Della questione si era occupato anche il nostro Csm che aveva anche sollecitato in tal senso la politica. D'altra parte, se si dovessero applicare i nuovi parametri del ministero della Giustizia, i conti salterebbero".
Già, perché si calcola che ogni tribunale copra un bacino di utenza di 382.191 cittadini: la giustizia militare può contare su tre tribunali, a Verona, Roma, Napoli, e giudica su 310mila persone. Basterebbe applicare la norma per eliminare questa struttura.
Che fare? C'è chi, come l'ex magistrato di Sorveglianza Isacco Giorgio Giustiniani, ammette che ci sono pochi casi da seguire, ma ritiene che "bisogna trovare una soluzione che difenda le professionalità". E c'è chi, come Maurizio Block del Csm militare, avverte: "Siamo inutili e dispendiosi: o ci razionalizzano o prendiamo atto che non serviamo più a nulla e aboliamo tutto con una riforma costituzionale".
D'altra parte, ci sono stati tempi in cui il Tribunale militare aveva la sua ragion d'essere: basta pensare che tra il 2000 e il 2004 sono state emesse 1.500 sentenze l'anno, nel 2011 si è scesi a 206. Il crollo dell'attività è legato all'abolizione, dal 2005, della leva obbligatoria nell'esercito, che ha drasticamente abbattuto i reati militari un tempo più diffusi, dalla diserzione alla mancanza alla chiamata.
Certo, la giustizia che segue il pianeta esercito è stata ridimensionata numericamente: nel 2008 le sedi giudiziarie sono scese da nove a tre e i magistrati da 103 a 60. Ma il lavoro reale si è ridotto ancora di più. Va notato che ci sono anche dei fiori all'occhiello per questo ramo della giustizia. Come i processi che erano nati dal ritrovamento, nel 1994, dei fascicoli sulle stragi nazifasciste, che hanno portato a condanne di ex Ss come Erich Priebke.
Per risolvere il problema, Intelisano propone una riforma alla francese, con sezioni specializzate nella giustizia ordinaria. Giustiniani preferirebbe "estendere le competenze ai reati comuni commessi da militari". In attesa che qualcuno si prenda carico del problema, il tribunale continua la sua inutile (o quasi) attività.