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Il cardinale Carlo Maria Martini, l'amico fedele ma contestatore di Papa Ratzinger e Wojtyla

Per ventʼanni è stato alla guida della Diocesi di Milano, nominato per volontà di Giovanni Paolo II

Ap/Lapresse

Carlo Maria Martini, l'uomo del dialogo, era nato a Torino il 15 febbraio 1927. Entrato nella Compagnia di Gesù nel 1944 all'età di 17 anni, ha compiuto gli studi presso l'Istituto Sociale di Torino e ricevuto l'ordine sacro il 13 luglio 1952. Martini è stato arcivescovo di Milano: il 10 febbraio 1980 fece il suo ingresso ufficiale nella diocesi lombarda, che ha poi guidato per oltre vent'anni. A volerlo fu Papa Wojtyla che lo nominò a sorpresa arcivescovo di Milano (la più grande diocesi del mondo) il 29 dicembre 1979 e lo consacrò personalmente il 6 gennaio del 1980. Il gesuita Martini infatti era il rettore della Pontificia Università Gregoriana ed era considerato un autorevole biblista.

L'introduzione della "Scuola della Parola"
Nel novembre 1980 Maritini ha introdotto in diocesi la "Scuola della Parola" che consiste nell'aiutare il popolo di Dio ad accostare la Scrittura secondo il metodo della lectio divina. E' del novembre 1986 il grande convegno diocesano ad Assago sul tema del "Farsi prossimo", dove viene lanciata l'iniziativa delle scuole di formazione all'impegno sociale e politico. Grande risonanza ha avuto poi la serie di incontri - iniziati nell'ottobre del 1987 - sulle "domande della fede", detti anche "Cattedra dei non credenti", indirizzati a persone in ricerca della fede.

Le "Lettere Pastorali" e i "Discorsi alla città di Milano"
Il 4 novembre 1993 Martini ha convocato il 47° Sinodo diocesano di Milano. Nel 1997 ha presieduto le diverse manifestazioni per celebrare il XVI centenario della morte di Sant'Ambrogio, patrono della diocesi di Milano. Vasta eco, al di là dei limiti territoriali della diocesi, hanno avuto le sue "Lettere Pastorali" e i "Discorsi alla città di Milano". Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee dal 1987 al 1993, Martini ha anche preso parte a numerose Assemblee del Sinodo dei Vescovi. Relatore alla VI Assemblea generale del 1983, sul tema: "Riconciliazione e penitenza nella missione della Chiesa", è stato membro della Segreteria del Sinodo dei Vescovi per molti diversi mandati. E proprio in uno degli ultimi Sinodi convocati da Wojtyla era intervenuto per chiedere un nuovo Concilio, proposta però subito archiviata da Giovanni Paolo II.

Il trasferimento a Gerusalemme e il rientro in Italia
Dimessosi a 75 anni esatti da ogni incarico, l'arcivescovo emerito di Milano dall'11 luglio 2002 si trasferì a Gerusalemme dove ha ripreso gli studi biblici. Il resto è storia dei nostri giorni. La stessa malattia di Wojtyla, il morbo di Parkinson, lo costrinse poi a rientrare in Italia, a Gallarate da dove poteva spostarsi poco ma grazie a internet prese a collaborare con diverse testate, tra le quali Il Corriere della Sera che ogni 15 giorni gli dava una pagina per rispondere ai lettori sui temi della fede e della morale.

Le "divergenze" con Wojtyla
Benedetto XVI ha potuto salutarlo lo scorso 3 giugno, nell'episcopio di Milano, e in questi 7 anni numerose volte ha voluto rendere omaggio al grande cardinale gesuita, punto di riferimento dell'ala progressista nel Conclave del 2005 dopo essere stato il simbolo di una chiesa più aperta e dialogante per tutto il pontificato di Giovanni Paolo II. Non risulta che mai Papa Wojtyla si sia pentito della sua scelta, anche se per vent'anni l'arcivescovo di Milano ha poi rappresentato una sorta di magistero alternativo, visti gli ottimi rapporti (vere e proprie convergenze) tra la chiesa martiniana e quella protestante inglese. Questa continua contrapposizione però il cardinale la viveva senza arroganza, quasi meravigliandosi che giornali e giornalisti cogliessero le poche differenze piuttosto che la sua sostanziale obbedienza. Nel 1997, ad esempio, commentando il "no" definitivo di Wojtyla al sacerdozio femminile, l'arcivescovo di Milano disse: "Nella storia della Chiesa però ci sono state le diaconesse, possiamo pensare a questa possibilità".

La forte personalità del cardinale
Martini era così: non cercava la polemica con Roma, ma non era nemmeno disposto a tacere se la pensava diversamente dal Papa. Da biblista, ad esempio, ha dedicato recensioni puntute ai due volumi dell'opera "Gesù di Nazaret" firmati da Joseph Ratzinger-Benedetto XVI. E il Papa tedesco non se l'è presa affatto. Anzi in più occasioni, anche in discorsi pronunciati a braccio, ha rinnovato la sua stima e espresso considerazione e stima per Martini, come pastore e come studioso. Gli è grato del resto per quanto accaduto la mattina del 19 aprile 2005, quando il porporato gesuita ha fatto convergere sul suo nome i cardinali progressisti, che nelle prime votazioni avevano indicato l'arcivescovo di Buenos Aires Bergoglio.

Il rapporto d'intesa con Ratzinger
Indubbiamente tra i due cardinali professori, il teologo e il biblista che sono coetanei (classe 1927, Martini è nato il 15 febbraio, Ratzinger il 16 aprile) c'è sempre stato un feeling, anche se quello divenuto Papa era allora, per il suo ufficio di prefetto dell'ex Sant'Uffizio, il custode dell'ortodossia, e l'arcivescovo di Milano amava invece i territori inesplorati della teologia e dell'etica, dove spesso camminava rasente agli strapiombi, come emerge anche dai suoi più recenti scritti sull'eutanasia. Ratzinger e Martini si erano conosciuti personalmente solo nel 1978 quando, alla morte di Paolo VI, l'allora arcivescovo di Monaco trascorse a Roma le settimane del preconclave. Pochi mesi prima il rettore della Gregoriana (che nel tempo libero assisteva gli anziani ospiti di una casa famiglia della Comunità di Sant"Egidio a Trastevere) era stato chiamato da Papa Montini a predicare gli esercizi in Vaticano, l'anno prima l'incarico era toccato a Karol Wojtyla.