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Tragedia di Rigopiano, altra inchiesta su depistaggio: indagati tre carabinieri

La guardia di finanza ha effettuato perquisizioni negli uffici della Squadra Mobile e dei forestali

Tragedia di Rigopiano, altra inchiesta su depistaggio: indagati tre carabinieri - foto 1
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Sono stati interrogati dai pm di Pescara i tre indagati nella nuova inchiesta sulla tragedia di Rigopiano.

Si tratta del tenente colonnello dei carabinieri forestali Annamaria Angelozzi e dei sottufficiali Michele Brunozzi e Carmen Marianacci. Il fascicolo è relativo alla telefonata che il cameriere Gabriele D'Angelo, morto sotto la valanga, avrebbe fatto nella mattinata del 18 gennaio 2017 per chiedere l'evacuazione del resort.

Nei giorni scorsi la guardia di finanza ha effettuato una serie di perquisizioni negli uffici della Squadra Mobile che dei carabinieri forestali. Secondo una denuncia presentata dall'ex capo della Mobile al tempo della tragedia Piefrancesco Muriana, ci sarebbero incongruenze tra le acquisizioni dei tabulati e i tempi delle indagini condotte dai forestali.

 

Falso materiale e falso ideologico I tre militari sono indagati per falso materiale e falso ideologico. Il falso materiale riguarderebbe la mancanza di un timbro nell'allegato nel quale un agente di pubblica sicurezza presente al Coc di Penne avrebbe segnalato l'avvenuta telefonata di D'Angelo al mattino per chiedere l'evacuazione dell'hotel. Un documento che la Mobile acquisì e girò ai carabinieri. Il falso ideologico invece si riferirebbe alla nota inviata dai carabinieri il 12 novembre 2018, dove si parlerebbe di questa telefonata già dal 27 gennaio 2017. I militari avrebbero erroneamente scritto che questa annotazione sarebbe stata già inviata alla Procura.

 

La difesa: "I falsi non esistono, carabinieri non passacarte" "Sia nell'allegato cartaceo in possesso dei carabinieri forestali sia nel documento allegato alla Pec a loro inviata il famoso timbro non c'è: quindi il falso materiale non esiste". E' quanto afferma il difensore del maresciallo Brunozzi, l'avvocatessa Monica Passamonti, aggiungendo: "Per quanto riguarda il falso ideologico, oltre a essersi corretti successivamente, per mero errore, c'è da ribadire che per i carabinieri quelle carte dovevano essere già state inviate in Procura, ma dalla Mobile". Sono stati i carabinieri "a scoprire successivamente che la telefonata di D'Angelo non era arrivata al Coc di Penne, ma a un amico della Croce Rossa al quale chiede il numero della Prefettura. Se D'Angelo ha parlato con la Prefettura, visto che gli fu dato il telefono del centralino, chi doveva indagarlo? C'è un piccolo particolare che si dimentica: che sono state le indagini dei carabinieri a dimostrare che semmai D'Angelo la telefonata la fa alla Prefettura e non al Coc di Penne, che non era competente a ricevere la sua telefonata".

 

I familiari delle vittime: "Bene la nuova inchiesta" Sulla vicenda è intervenuto anche Romolo Reboa, legale di alcuni familiari delle vittime del disastro. "I miei assistiti non possono che esprimere soddisfazione per l'apertura della nuova inchiesta sui fatti di Rigopiano. Quello che lascia perplessi in tutta questa grave vicenda è che non risultano atti di indagine interna da parte della Protezione Civile, del ministero dell'Interno, della Regione Abruzzo e della Provincia di Pescara. I fatti di depistaggio hanno dimostrato l'esistenza di un muro di omertà che coinvolge la Pubblica amministrazione, la quale avrebbe il dovere di dimostrare alle vittime che lo vuole rimuovere e non che le istituzioni sono un comodo rifugio per mele marce".

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