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Processo di 'ndrangheta "Aemilia", due anni all'ex giocatore Vincenzo Iaquinta

Il padre dellʼex attaccante, accusato di associazione mafiosa, è stato condannato a 19 anni

Processo di 'ndrangheta
SportMediaset

Vincenzo Iaquinta, l'ex attaccante della Juventus e della Nazionale, è stato condannato a due anni nel processo di 'ndrangheta "Aemilia".

Per lui la Dda aveva chiesto sei anni per reati relativi alle armi con l'aggravante mafiosa. Il padre dell'ex calciatore, Giuseppe, accusato di associazione mafiosa, è stato condannato invece a 19 anni. "Vergogna, ridicoli", hanno urlato nell'aula del tribunale padre e figlio alla lettura della sentenza.

Per Iaquinta è caduta l'aggravante mafiosa. L'ex calciatore avrebbe consapevolmente ceduto o comunque lasciato nella disponibilità del padre armi legittimamente detenute (un revolver Smith & Wesson, una pistola calibro 3,57 Magnum, una pistola Kelt-tec calibro 7,65) e munizioni. Giuseppe Iaquinta, però, aveva ricevuto un provvedimento dal prefetto di Reggio Emilia, nel 2012, che gli vietava di detenere armi e munizioni, a causa delle segnalazioni relative alla frequentazione con alcuni degli indagati. Il padre quindi rispondeva, tra l'altro, di aver illegalmente detenuto le armi nella sua casa nel Reggiano, e il figlio di avergliele consapevolmente date o lasciate nella disponibilità.

L'ex calciatore: "Condannato perché calabrese" - Fuori dall'aula arriva lo sfogo dell'ex calciatore: "Il nome 'ndrangheta non sappiamo neanche cosa sia nella nostra famiglia. Non è possibile. Mi hanno rovinato la vita sul niente, perché sono calabrese, perché sono di Cutro", ha detto Iaquinta. "Sto soffrendo come un cane per la mia famiglia e i miei bambini senza aver fatto niente, ma io ho vinto un Mondiale e sono orgoglioso di essere calabrese. Noi non abbiamo fatto niente perché con la 'ndrangheta non c'entriamo niente", ha aggiunto.

In totale 118 condanne per oltre 1.200 anni di carcere - In tutto sono oltre 1.200 gli anni di carcere inflitti dal collegio di Aemilia al termine del maxi-processo. Si tratta di 118 condanne in rito ordinario (la più alta a 21 anni e otto mesi) e di altre 24 in abbreviato per 325 anni, per reati commessi dal carcere durante il processo. Le sentenze hanno sostanzialmente ricalcato le richieste dei pm della Dda Beatrice Ronchi e Marco Mescolini.

Nel rito ordinario sono state 24 le assoluzioni del collegio presieduto da Francesco Maria Caruso e composto dai giudici Cristina Beretti e Andrea Rat, per cinque imputati non si procederà perché i reati sono prescritti, mentre un imputato è deceduto prima della sentenza. La pena più alta è stata inflitta a Carmine Belfiore, 21 anni e otto mesi. Condannati, tra l'altro, Gaetano Blasco (21 anni), Michele Bolognino (20 anni e 7 mesi) e Giuseppe Iaquinta (19 anni), imprenditore e padre dell'ex bomber. Nell'abbreviato, con sconto di un terzo della pena, 16 anni e 4 mesi per Gianluigi Sarcone e a 16 anni per Palmo e Giuseppe Vertinelli.