FOTO24 VIDEO24 Logo Mediaset ComingSoon.it Donne logo mastergame Grazia Meteo.it People sportmediaset_negative sportmediaset_positive TGCOM24 meteo.it
Podcast DirettaCanale 51
Temi del momento

Viaggio tra le culture d'Europa, senza uscire dall'Italia

Diavoli tedeschi in Friuli, turchi in Trentino, scozzesi in Piemonte, ebrei a Roma. Piccole comunità di solide tradizioni

Dal Trentino alla Sicilia, passando per la capitale, esistono almeno nove città "straniere" in Italia.

Dalle isole linguistiche greche alle comunità germaniche, passando per un quartiere turco sulle Alpi, un borgo dove si indossa il kilt e i diavoli tedeschi del Friuli.

Realtà complesse, suggestive e spesso di origini remote: ecco nove destinazioni scelte dal motore di ricerca Skyscanner per un viaggio sulla scia di culture diverse, senza dover uscire dai confini nazionali.

1. Gressoney-Saint-Jean, alemanni in Valle d'Aosta - L'antica comunità germanica dei Walser Iniziamo questo articolo sulle città straniere in Italia con una località montana unica nel mondo non solo per via dei suoi meravigliosi paesaggi alpini, ma anche per la sua parlata, la sua architettura e la sua cultura. Gressoney-Saint-Jean, nella Valle del Lys in Valle d'Aosta, è rinomato per essere la più importante isola linguistica tedesca appartenente alla Comunità Walser. È una comunità caratterizzata da un particolare dialetto alemanno: il Greschòneytitsch. Le antiche e tipiche abitazioni dei Walser, gli stadel, sono straordinarie costruzioni rurali che, con i loro tetti spioventi in pietra e gli interni caldi in legno, punteggiano le strade di montagna della zona. Per raggiungerle basta seguire le insegne stradali in dialetto.

2. Tarvisio, diavoli tedeschi in Friuli Venezia Giulia - Le terre di confine, come il Friuli Venezia Giulia, nascondono sempre tante storie, soprattutto quelle terre di origine romana, un tempo abitate da popolazioni celtiche e poi passate in mano alle popolazioni germaniche. È proprio dal Nord d'Europa che scendono i Krampus, i terrificanti diavoli carnevaleschi dell'ex Impero Austro-Ungarico. Queste figure demoniache, dai denti aguzzi, lunghi peli e pesanti campanacci, accompagnano da secoli Sinterklaas, San Nicola, per le vie di Tarvisio (e nel resto del Tarvisiano, come Malborghetto, Camporosso e Pontebba). Uno spettacolo. Per chi non teme questi spiriti silvestri dai grandi mascheroni, l'appuntamento è il 5 dicembre a Tarvisio: una volta in piazza si verrà travolti dalle loro danze scatenate e un'atmosfera tutt'altro che italiana.

3. Moena , il turco del Trentino-Alto Adige - A Moena, un delizioso borgo alpino della Val di Fassa in Trentino-Alto Adige, si parla ladino, ma si festeggia …alla turca. Leggenda vuole che un soldato dell'esercito ottomano fuggendo dopo la sconfitta di Vienna del 1663 trovasse ospitalità tra le case della "fata delle Dolomiti", decidesse di non andarsene più. Questa storia leggendaria tocca il reale tra i vicoli di uno dei quartieri più pittoreschi del paese, il Rione Turchia appunto. Non si può che rimanere sorpresi di fronte a una fontana pubblica sormontata dall'immagine del Turco di Moena con tanto di barba e turbante, oppure nel vedere affreschi cittadini raffiguranti sultani, mogli, servi e palme. A commemorare le vicende di questo bizzarro personaggio c'è la Festa di Turchia che, ogni anno ad agosto, accoglie i visitatori con leccornie trentine, odalische e il miglior kebab che si possa provare in Italia.

4. Gurro, il kilt in Piemonte - Un piccolo mondo antico in provincia di Verbania dove si indossa il kilt, si suona la cornamusa e si beve il whisky. Questo è Gurro, un borgo alpino di 200 anime della Valle Cannobina in Piemonte, dove può capitare di vedere gli abitanti, in particolare le donne, portare con stile il tradizionale gonnellino a pieghe scozzese. Il legame con la Scozia risale alla Battaglia di Pavia (1525), quando alcuni soldati mercenari scozzesi sulla strada del ritorno verso casa giunsero a Gurro e decisero di fermarsi entusiasti delle montagne e dei paesaggi locali che tanto ricordavano le loro Highlands. Oggi vi si trovano tante sorprese "alla Braveheart", come il "circolo degli scozzesi" in piazzetta, un dialetto composto da circa 800 parole d'origine gaelica, abitazioni costruite con elementi architettonici scozzesi e un museo etnografico very Scottish.

5. Roma e gli ebrei - La storia di Roma è strettamente intrecciata a quella degli ebrei. Nel cuore della capitale, in Via Portico d'Ottavia, si trova un quartiere tutto stelle di David: il ghetto ebraico, uno dei più antichi del mondo. Un posto a due passi da Piazza Venezia e dal Lungotevere de' Cenci che fa sentire come in un'altra città, in una Roma all'ombra del Tempio Maggiore, la Sinagoga per i romani. Un'atmosfera unica, dove sentire il dialetto degli ebrei romani parlato dalla metà del Cinquecento, il giudaico-romanesco. Questa felice contaminazione si ritrova anche in tavola con specialità ormai passate alla tradizione locale come il carciofo alla giudia o la pizza ebraica, una dolce esplosione di canditi e uvetta.

6. Bova, i greci di Calabria - Nell'estremo sud del versante ionico della Calabria si apre un territorio dove ancora oggi vivono quelli che possono essere considerati come gli ultimi Elleni del nostro Paese: benvenuti nella Calabria dei Greci, quella delle valli segrete e dei borghi antichi! In questo fazzoletto d'Italia a due passi da Reggio Calabria, dove i Greci decisero di stabilirsi per poi doversi rifugiare sulle montagne per colpa dei successivi invasori, si trovano Bova, Pentedattilo, Roghudi, Bagaladi e Palizzi, che insieme costituiscono l'area grecanica di Calabria. Ma se Roghudi e Pentedattilo sono oggi abbandonati, Bova resiste ancora dai sui mille metri d'altezza, rinata dai fondi dell'Unione Europea e da un turismo che si è accorto della sua grande bellezza. Unica come la sua lingua grika, greco antico misto al calabrese, ancora parlato da chi non vuole scordare un glorioso passato.

7. Gli albanesi della Puglia - L'Arberia è quell'area geografica del Sud dove si trova la minoranza etnico-linguistica albanese d'Italia. Non è omogenea e si estende in diverse regioni italiane come la Calabria, per la maggior parte nella provincia di Cosenza, e la Puglia, che vanta il comune arbereshe più grande: San Marzano di San Giuseppe. Non appena si mette piede in questo paesino a circa 25 chilometri da Taranto, si ha l'illusione di trovarsi in Albania. Il suo forte legame con lo stato della penisola dei Balcani, infatti, risale all'epoca del condottiero albanese Skanderbeg (Giorgio Castriota), quando alcuni esuli albanesi in fuga per via dell'invasione turca scelsero la Murgia Tarantina come loro seconda casa.

8. Il greco di Messina - Un'altra isola linguistica è Messina, in Sicilia, ossia la regione italiana crocevia di popoli e culture per eccellenza. Al di là dello stretto, arrivarono i Greci i quali decisero di plasmare una città a immagine e somiglianza della loro "prima casa", Atene, fatta di grandi spazi, vedute da cartolina e atmosfere senza tempo. Qui, dove le targhe toponomastiche sono bilingui (come Largo dei Greci, in zona Falcata), si parla ancora il greco, o meglio il neogreco, insomma l'ultimo stadio del processo evolutivo di questa nobile lingua. E se il terribile terremoto del 1908 ha distrutto il suo quartiere della Grecìa, non ha di certo cancellato il suo ricordo che rivive non solo nel dialetto locale, ma anche negli usi e nei costumi dei cosiddetti "greci-siculi". Tra questi, le filastrocche magiche dei bambini che suonano come cantilene dagli evidenti elementi greci, o i proverbi ancora declamati dagli anziani del posto.

9. Un po' di Catalogna in Sardegna - Alghero, la bellissima località della Sardegna, ha un suo particolare dialetto, l'algherese, preso in prestito dalla Spagna, o meglio dalla Catalogna. Questa città in provincia di Sassari non è conosciuta soltanto per le spiagge paradisiache e un centro storico-capolavoro, ma anche per essere la capitale catalana d'Italia: viene soprannominata infatti la Barceloneta, o Piccola Barcellona d'Italia: la città ha conservato il catalano, e il 20 percento degli abitanti lo parla, nella variante sarda. La diffusione linguistica del catalano in Sardegna risale al XIV secolo, al tempo della dominazione spagnola.