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Sardegna: il Canyon del Flumendosa

Una discesa lungo il fiume, tra il profumo del mirto e natura selvaggia

Ecco il quarto reportage realizzato dai giovanissimi della Onlus Domus de Luna, associazione cagliaritana che si occupa di bambini e adolescenti in affidamento. Anche in questo caso sono loroa farci da guida tra le bellezze segrete della Sardegna, raccontate in un articolo, fotografie e immagini video. Dopo aver visitato i monti del Mandrolisai, in provincia di Nuoro, per incontrare Sa Crabarissa, e aver scoperto il Castello di Acquafredda, ci troviamo ora nello spettacolare Canyon del Flumendosa.

Sardegna: il Canyon del Flumendosa

Secondo per lunghezza solo al Tirso, il Flumendosa si estende per ben 127 chilometri dal versante orientale del Gennargentu fino a sfociare nel Mar Tirreno all'altezza di Muravera e Villaputzu.Decidiamo di esplorarne un breve tratto accompagnati da Alberto Carcangiu, presidente della cooperativa Valle del Flumendosa; lo incontriamo a Villanova Tulo, il paese originario del poeta e scrittore futurista Benvenuto Lobina, autore del famoso “Po Cantu Biddanoa”.

Scendiamo accanto al fiume ai piedi della foresta di Pantaleo; dopo meno di un chilometro di camminata siamo costretti a un primo guado, in un punto in cui due rocce di porfido sembrano fare da guardia al fiume che scorre placido. L'attraversamento è abbastanza agevole, e l'acqua fresca è piacevole sulla pelle. Ci ritroviamo in una vallata dominata dai famosi “tacchi”, altipiani calcarei tipici della zona di Villanova Tulo, Seulo, Gadoni. È affascinante l'idea che ogni pietra su cui poggiamo i piedi porti con sé una storia antica; le rocce in cui il fiume si insinua e che continua a scavare sono del paleozoico, ovvero hanno circa 550 milioni di anni.

Risalire il fiume è una vera e propria scoperta; un'avventura, a tratti, quando non possiamo più camminare lungo la riva e ci ritroviamo costretti a seguire Alberto attraverso una vegetazione fittissima, senza alcun sentiero da seguire che non sia quello della fiducia nella nostra esperta guida. In alcuni tratti ci assale forte il profumo della menta selvatica; più avanti, il mirto ci regala i suoi fiori bianchi.

Le ore trascorrono rapide mentre il sole si alza a picco nella terra dell'Aquila Reale che, purtroppo, non abbiamo la fortuna di vedere.
In compenso troviamo ben due spiagge, su cui facciamo altrettante soste. L'ultima, dopo tre ore di marcia, segna il momento del ritorno. Vorremmo andare avanti, risalire il fiume ancora per un po', scoprire cosa si nasconde dietro a quelle rocce laggiù… Magari attraversare la Barbagia, e arrivare fino al Massiccio del Gennargentu, la porta d'argento. Ma il tempo a nostra disposizione è finito. "Torneremo", questa è la sensazione che rimane a ognuno di noi una volta risaliti in macchina e ripresa la strada di casa.

Per informazioni sulla Onlus Domus de Luna, sito Internet www.domusdeluna.it/