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Trent'anni di Internet in Italia: "Il futuro sarà delle macchine"

Tgcom24 ha intervistato Enrico Fagnoni, uno dei maggiori esperti italiani del mondo del web. Ci ha spiegato comʼera Internet alle origini, e cosa ci dobbiamo aspettare dal futuro

Trent'anni fa - il 30 aprile 1986 - ci fu il primo collegamento ad Internet in Italia, da Pisa.

Da allora, il web ne ha fatta di strada. Parliamo di questo pluridecennale percorso con Enrico Fagnoni, uno dei "guru" italiani di Internet: è stato infatti uno dei primi a promuovere l'utilizzo del web nelle realtà aziendali del nostro Paese. Da oltre 25 anni esperto del mondo online, ha fondato una azienda (LinkedData.Center) che si occupa dei cosiddetti "linked open data", la rivoluzione tecnologica del futuro. Secondo Fagnoni, infatti, non ha più senso parlare di "Web 2.0" (con protagonisti i social network), ma del "Web 3.0", dove sono appunto sono i dati a esserne i reali padroni. Raggiunto telefonicamente da Tgcom24, ci spiega cosa dobbiamo aspettarci dal futuro "internettiano": macchine che interrogano la Rete e ragionano come gli uomini, accesso facilitato a una miniera di informazioni ancora difficilmente fruibili e notevoli cambiamenti nella nostra vita quotidiana.

Trent'anni fa c'è stato il primo collegamento a Internet dall'Italia. Come è stato vissuto all'epoca tale evento: un semplice esperimento o una vera e propria rivoluzione?
A quel tempo non c'è stata piena consapevolezza dell'importanza di quell'avvenimento. Infatti, la conoscenza di Internet era legata soprattutto al mondo universitario: Internet era vissuto come uno strumento per connettere le sole università. Questa situazione è peraltro durata diverso tempo: solo agli inizi degli anni Novanta il computer è uscito dalle aule di studio per raggiungere le scrivanie delle imprese: il grande merito di questa "rivoluzione" è soprattutto della posta elettronica, oggi elemento fondamentale di comunicazione. E' però importante sottolineare come questo cambiamento abbia incontrato molte resistenze del mondo accademico: nei primi tempi c'è stata una vera e propria battaglia, anche a livello legislativo, per l'assegnazione di domini alle imprese: l'utilizzo commerciale di Internet non era infatti visto di buon occhio dal sistema universitario. Solo a partire dal 1994-95 c'è stata la vera consapevolezza che Internet potesse davvero essere un ottimo strumento per le aziende.

Quanto tempo è passato prima che le persone capissero l'importanza e i vantaggi dell'uso di Internet?
Si è impiegato quasi una decina di anni prima che l'utilizzo del web diventasse pervasivo: solo verso il 2005 quasi tutte le aziende avevano un proprio sito web. Infatti, a partire dai primi anni Novanta, l'innovazione rappresentata dal web ha avuto un lungo periodo di latenza, che poi ha lasciato spazio ad un "andamento esponenziale", ovvero una grande crescita, negli anni Duemila: solo in quest'ultimo momento storico il web ha dunque raggiunto la gran massa degli utenti. Peraltro, è interessante notare come il cosiddetto web 2.0 sia nato proprio in quegli anni, quando la diffusione di Internet ha raggiunto l'apice: si è deciso allora di non linkare più solo i documenti come in origine, ma anche le persone, portando alla nascita i sempre più utilizzati social network.

Ha citato l'uso del web nelle imprese: vi sono stati timori nelle realtà aziendali per l'arrivo di questa innovazione?
All'epoca ci sono stati non pochi problemi legati allo sviluppo del web nelle imprese: ero infatti solito andare nelle realtà aziendali a "vendere" il web, facendo capire come stesse nascendo un qualcosa di davvero importante. Dicevo: "Sapete che potete mandare l'equivalente di un fax in America a costo zero, grazie alla posta elettronica?". E loro mi rispondevano: "Impossibile. Non a caso spendiamo molti soldi per comunicare con aziende estere, dunque siamo convinti che non sia proprio possibile". Spiegando poi l'architettura di Internet e il suo funzionamento, talune accettavano di introdurre il web nel loro mondo lavorativo, acquisendo un vero e proprio vantaggio competitivo sul mercato. Tutto ciò accadeva nel 1996. C'è stata poi una seconda ondata di imprese che, su imitazioni delle precedenti, avevano capito l'importanza del web e il grande beneficio che si poteva trarne; è esistita altresì una terza ondata di imprese - nei primi anni Duemila - che si è semplicemente resa conto che non si poteva più vivere senza Internet: l'unico modo per non rimanere indietro nel mercato era infatti aggregarsi alle altre realtà aziendali che già lo utilizzavano da tempo.
A partire dal 2004 ci sono stati problemi simili a quelli originari, ma di natura differente. Andavo nelle aziende a chiedere se utilizzassero Facebook, Twitter e altri social network che nel corso del tempo nascevano. Domandavano loro: "Sapete che ci sono i vostri clienti sui social? Entri su Twitter e ti possono rispondere direttamente, senza alcun intermediario". La risposta era simile a quella del 1996: "E' impossibile". Ora è al contrario strano non avere un account.

Uno degli attuali problemi legati allo sviluppo del web è la sempre minore tutela della privacy. Già all'epoca circolava l'idea di una possibile restrizione della propria riservatezza a causa di Internet?
Il discorso sulla privacy non è tecnologico, ma prettamente socio-culturale: questa problematica è cominciata con lo sviluppo del web 2.0 e dunque dei social network, che hanno allarmato la popolazione su un possibile restringimento della propria privacy. Attualmente, le aziende forniscono servizi a clienti che sono ormai consapevoli di cedere parte delle proprie informazioni personali, anche perché sono le stesse imprese - soprattutto quelle europee - che, obbligate da alcune norme legislative, ricordano continuamente ai propri utenti che stanno raccogliendo dati su di loro: si sa che questa è un'importante fonte di monetizzazione nelle realtà aziendali. Per una parte di popolazione ciò non è accettabile e dunque chiedono una rivoluzione culturale che riporti l'attenzione verso la tutela della propria riservatezza; per altri - la maggioranza - questo comportamento è ormai assodato e pienamente accettato.

Oggi si parla di "Web 3.0". Per alcuni significa "intelligenza artificiale", per altri spazi tridimensionali fruibili comodamente dal web. Quale sarà dunque il futuro prossimo di Internet? Cosa ci dobbiamo aspettare?
Il Web 3.0 sarà il protagonista nei prossimi dieci anni. Nel web 1.0 si linkavano i soli documenti, nel web 2.0 le persone, e successivamente si linkeranno i dati. I singoli dati - su i più disparati temi o argomenti - verranno infatti immessi in una grande rete globale e saranno a disposizione di tutti. Peraltro, gli utenti del web 3.0 non saranno più solmente le persone, ma anche le macchine: esse infatti interrogheranno Internet per "ragionare" e assolvere ai loro compiti. Le macchine navigheranno sul web in maniera agevole perchè già parlano il "linguaggio dei dati", esattamente lo stesso idioma tipico del web 3.0. Ciò porterà alla creazione di una sorta di "intelligenza artificiale", che si alimenterà proprio con tali dati: le macchine saranno quindi in grado di svolgere i ragionamenti tipici della mente umana.
A proposito dei dati, ora vado nelle imprese a domandare: "Lo sapete che potete interrogare i dati dell'Istat in tempo reale e gratuitamente? Lo sapete che potete altresì sapere tutti i dati sugli infortuni lavorativi nella vostra zona?". Stanno infatti arrivando i cosiddetti "linked open data", la rivoluzione del futuro. Saranno dati presenti sul web con i quali sarà possibile sapere, ad esempio, quanti abitanti in più ci sono nella nostra città rispetto all'ultimo censimento; si potrà capire, interrogando i dati delle Camere di Commercio, quali aziende sono presenti in un certo territorio; le aziende di prodotti antitarme potranno sapere quante case nella loro zona sono fatte di legno. Tutto questo verrà fatto dalle macchine, che interrogheranno questi "linked open data": già alcune aziende stanno fondando alcuni siti non aventi più l'indirizzo "www.nomeazienda.it", ma "data.nomeazienda.it", su cui caricano tali dati. Per quanto riguarda il singolo cittadino, tra le infinità di cose, si potrà sapere la velocità a cui devo andare per raggiungere in macchina un certo paese senza incontrare semafori rossi. Non è assolutamente fantascienza.