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Pakistan manda YouTube in tilt

Il sito censurato per insulti allʼIslam

Mi offendi? E io ti mando in tilt.

E' accaduto a YouTube, colpevole secondo il governo pakistano di aver diffuso contenuti blasfemi, offensivi per l'Islam. Una commissione interministeriale pachistana ha ordinato ai provider locali di servizi Internet di bloccare l'accesso al popolare sito web. Il tentativo del governo pachistano di censurare YouTube ha mandato in tilt la popolare pagina web in mezzo mondo. Secondo la Bbc, il quasi blockout globale è avvenuto nella giornata di domenica ed è durato per oltre due ore.

Google, proprietario di YouTube, ha detto che la fonte del blocco mondiale sono stati "protocolli internet sbagliati", originati dal fornitore di servizi telecom e internet pachistano Pccw, che nel tentativo d'impedire l'accesso dei suoi utenti ha bloccato completamente il sito.

Contro le blasfemia di YouTube si è scagliata Islamabad, accusando il sito di video online più famoso del web di aver pubblicato le vignette satiriche danesi sul profeta Maometto, che già avevano provocato la reazione sdegnata di molti musulmani in tutto il mondo.

Secondo altre fonti, a far arrabbiare le autorità per le telecomunicazioni pachistane sarebbe stato il video pubblicitario del film del parlamentare olandese Geert Wilders, in cui si afferma che il Corano è un testo "fascista" e l'Islam "una religione incline alla violenza, sopratutto contro donne e omosessuali".

Uno dei principali server, Micronet, ha avvisato gli abbonati pachistani del blocco con una lettera in cui chiedeva agli utenti di mandare una e-mail al sito YouTube.com e di chiedere l'eliminazione dalla rete dei contenuti ritenuti blasfemi.

Il governo d'Islamabad non è stato il primo a bloccare il popolare e ricoluzionario sito web. A gennaio, infatti, un tribunale turco ha oscurato YouTube a causa di alcuni video che insultavano il padre fondatore del Paese, Mustafa Kemal Ataturk, mentre l'estate scorsa il governo thailandese censurò il sito per quattro mesi a causa di un filmato ritenuto offensivo nei confronti di re Bhumidol Adulyadej.