FOTO24 VIDEO24 Logo Mediaset ComingSoon.it Donne logo mastergame Grazia Meteo.it People sportmediaset_negative sportmediaset_positive TGCOM24 meteo.it
Podcast DirettaCanale 51
Temi del momento

Tutti i cartoon in un dizionario

Simion firma lʼopera "omnia"

In passato c'è già stato qualcuno che aveva provato a "cantar l'armi e gli eroi" dei grandi personaggi dei cartoni animati, ma Daniel Valentin Simion è andato decisamente oltre.

Con un volumone di oltre 3mila schede, più di 90mila serie animate, una gallery di immagini dei protagonisti, e tanto, tanto di più (leggere per credere), Simion ha sfornato una delle opere più complete sul magico mondo dell'animazione.

Un lavoro fatto con la testa ma anche col cuore. E questo fa la differenza.

Come nasce l'idea del dizionario?
L'idea nacque quasi per caso, nel marzo del 2000, quando mi capitò tra le mani il Dizionario dei Telefilm. Ebbi l'idea di proporre la parte editoriale di un sito web al quale stavo lavorando, dedicato al mondo dell'animazione, ad un editore di massa. Dopo riscontri molto positivi iniziò una gara contro il tempo, con meta nel futuro, dove il mio cammino sarebbe stato costellato da eventi piacevoli, ma irto di ostacoli da superare, il tutto, per portare a compimento il primo "Dizionario dei Cartoni Animati" in occasione del centenario dei cartoon, che è caduto nel 2008.

In otto anni di lavoro potrebbe scrivere un "libro sul libro" raccontando come è andato a caccia di notizie e informazioni. C'è qualche aneddoto e/o qualche curiosità che vale la pena di essere ricordata?
Certamente, a volte sorrido al pensiero di poter narrare le mie avventure/disavventure incontrate in questi anni di stesura. Ogni tanto cerco d'inventarmi un titolo coinvolgente tipo "Io e il mio Dizionario", "Essere un Dizionario dei Cartoni", dove racconto alcuni aneddoti tragicomici (ora mi diverto a raccontarli, ma all'epoca erano drammi). Come quella volta… di un distributore nazionale che era convinto che il Dizionario dei Cartoni Animati fosse un menu della pizza, del pizzaiolo indiano sottocasa, e non voleva saperne di aiutarmi a fare una semplice congruenza dei dati, negava a più non posso che la ditta fosse introdotta nel circuito dell'animazione quando, osservando quella sala, trovavo con sguardo incredulo centinaia di poster di cartoni da loro distribuiti. Oppure quella volta… quando non trovando nessun referente alla Disney italiana, andai di persona nella sede centrale e dissi di avere un appuntamento con il Sig. Topolino. Alla reception, mi fissarono per qualche secondo negli occhi e prendendo il telefono con gesto pacato mi dissero seriamente "Di chi dobbiamo dire?". O di quella volta… che ebbi il coraggio di chiedere il patrocinio per l'opera al governo italiano; come riscontro passai un paio di ore in compagnia di un cordiale agente di Polizia. La settimana dopo toccò ai Carabinieri della Stazione locale "intervistarmi".... Oggi rido sopra!

Se ci fossero mai stati dubbi, anche dal dizionario emerge che le due grandi scuole di animazione sono quelle americana e giapponese. Quale è la sua preferita e perché?
Nell'autobiografia si evince che sono simpaticamente un giappomericano. Non ho fazioni. Amo lo stile artistico e narrativo di ambedue i Paesi, proprio perché sono contrastanti tra loro e questo confine mi appassiona. Non saprei scegliere tra Walt Disney oppure OsamuTezuka, tra Hanna & Barbera o Tatsunoko, tra Pixar o Studio Ghibli; fanno tutti parte dei miei ricordi. Anche le piccole scuole europee sono molto importanti, non bisogna mai scordare che tutto nasce sempre nel Vecchio Continente. Artisti nostrani come Bruno Bozzetto hanno fatto brillare l'Italia, oppure gli Studios francesi, con le loro coproduzioni, oggigiorno sono tra i più attivi nel settore televisivo commerciale.

Ci sono state, secondo lei, serie a cartoni animate sopravvalutate e altre sottovalutate? Quali sono?
Le serie sopravalutate sono quelle che vogliono proseguire ad oltranza una storia, anche quando questa, a volte, termina già nel primo episodio, volendo per forza coinvolgere lo spettatore nei meandri più infidi e perversi del cartone, con il semplice fine di portare avanti nel tempo il brand di un determinato prodotto. Se devo fare un esempio di questo tipo, mi viene in mente Beyblade, cartone commerciale nato con lo scopo di vendere trottole che riassumendolo in un plot stile Morandini diventa: due partecipanti lanciano le loro trottole e stanno a vedere quale smette di girare per prima! I sequel a volte non li concepisco e tutta la pubblicità che ne deriva la trovo ossessiva, ciò finisce col rendere sopravalutato il cartone. Sottovalutati, invece, a volte sono proprio i cartoon didattici, quelli che fanno del bene a tutti, non solo ai giovani. Mi vengono in mente quelli della Procidis, una casa di produzione francese che a cavallo tra gli anni '70 e '80 ha saputo regalare all'umanità prodotti veramente brillanti come "Ai confini dell'universo", "Grandi idee per grandi uomini", "Siamo fatti così", e molti altri... L'educazione e la cultura, a volte, sono veramente sottovalutati.

Stessa domanda sui film. Ce n'è uno da riscoprire e un altro magari da dimenticare in fretta?
Limitandomi a fare due esempi, "Steamboy" di Katsuhiro Otomo è stato veramente sopravvalutato, e pensare che ha il record di cartone animato più costoso della storia, circa 22 milioni di dollari, ma con tutti i soldi spesi non è riuscito ad avere neanche la metà del successo del suo predecessore "Akira" del quale è diventato una semplice ombra. Invece, sottovalutato è stato "Happy Feet" di George Miller, un capolavoro premiato anche dall'Acamedy Awards nel 2007 con un premio Oscar.

Parliamo dell'Italia, come si inserisce l'animazione del nostro paese nel contesto internazionale?
L'Italia oggi c'è, anche in passato c'è stata, a volte anche in primo piano sul jet set internazionale. Per fare un esempio storico, indico il Maestro Bruno Bozzetto, l'unico al mondo capace di cimentarsi contro il "Fantasia" di Disney, che grazie al suo "Allegro non troppo" le ha suonate a ritmo di Bolero. Capolavori indiscussi, tutti e due! Tornando ai giorni nostri, la Rai negli ultimi dieci anni ha saputo rinvigorire l'animazione italiana, inginocchiata nei decenni antecedenti dal predominio nipponico sul piano internazionale.

Lei è cresciuto nel periodo d'oro dell'animazione, quello tra gli anni '70 e '80. Molti di quei cartoon in quegli anni furono demonizzati. A rileggere quelle polemiche oggi, cosa le viene da dire?
Il demonizzare ciò che è attuale, da coloro che hanno vissuto altri tempi, è una costante che si ripete nel tempo. Capitava negli anni '80, con i cartoni giapponesi, quando coloro che erano cresciuti con i cartoni americani negli anni '50-'60, si ritrovavano a guardare un cartone nuovo, e questo proprio non lo capivano, forse per via dei nuovi stili artistici, forse per i nuovi concetti narrativi. La stessa cosa la noto oggi, con i cartoni animati che danno in tv o sul satellite. I cartoni di oggi non piacciono alla "vecchia" generazione degli anni '70-'80. Lo stile grafico sembra povero, tiranneggiato da questa invasione di computer grafica. Anche le trame sembrano più violente, più veloci, più "strane"... eppure ai giovani di oggi piacciono, sono trendy e rispecchiano quello che la loro generazione rappresenta: tecnologia, velocità, spigliatezza ecc. Forse, anche noi trentenni di oggi, eravamo così agli occhi dei nostri genitori. Il bello dei cartoni animati a volte è proprio poter vedere questi confronti generazionali e fare dei paragoni costruttivi: vedere chi eravamo un tempo e chi siamo oggi, che messaggi educativi avevamo una volta e quali messaggi educativi ci vengono insegnati ora. Nei cartoni animati è molto facile individuare questi segnali.

Com'è il livello dell'animazione oggi? C'è forse troppa "tecnologia" e poco "cuore"?
Fra 10 anni non mi meraviglierò se vedrò Michael Jackson ri-animato e interpretare un videoclip di un suo brano inedito, oppure recitare accanto a Marilyn Monroe in un colossal hollywoodiano. Già oggi l'animazione computerizzata permette di realizzare tutto ciò! Siamo alle porte del 2010, un numero che ricorda molto un film di fantascienza, ma invece, è soltanto un normale presente. Ritengo pertanto che anche nella "tecnologia" ci sia un "cuore" e nel mondo del cinema d’animazione questo sentimento lo possiamo ritrovare facendo un esempio nei film della Pixar. Personalmente, da nostalgico, amo il vecchio stile artistico, quello dove i cartoni animati erano dipinti a mano con tanta costanza e tanta buona volontà. Tuttavia, non nascondo che sono affascinato dalla tecnologia digitale che permette di risparmiare tempo e averne di più a propria disposizione, ma che poi, lo spendiamo nel fare tante altre cose. Morale della favola: alla fine, fare tante cose porta via lo stesso tempo che avevamo in partenza e la costante è che il tempo a disposizione è sempre lo stesso.

Ed i bambini di oggi, che tipo di approccio hanno secondo lei coi cartoni, a differenza di quelli di quando lei era bambino?
I cartoni animati piacciono sempre, a qualsiasi età e a qualsiasi livello artistico, che sia esso classico oppure digitale. Piacciono a tutti, semplicemente per il fatto che aiutano a fantasticare e con la creatività si può evadere mentalmente in un'altra dimensione, a volte fantasmagorica come quella dei Cartoons. Credo che non esistano vere differenze se non l'individualismo che ci raffigura ovvero: i nostri ricordi.

Domenico Catagnano