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Milan, per Miha è lʼora delle scelte impopolari

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Milan, per Miha è l'ora delle scelte impopolari

La classifica del Milan è impietosa. I numeri che la determinano sono impietosi. Sette gare giocate, 4 sconfitte, nessuna partita conclusa con la rete inviolata, per un totale di 13 gol subiti, meglio soltanto del Carpi che ne ha incassati 16. Triste è pure il bilancio relativo a quanto ha prodotto l'attacco: è andato a segno 8 volte, facendo meglio solo delle ultime due, Frosinone e Bologna. Inoltre, in occasione delle uniche 3 vittorie con Empoli, Palermo e Udinese, il Milan ha pure sofferto le pene del Diavolo, riuscendo ad ottenere il risultato ma mettendolo sempre in discussione per le tante, troppe occasioni concesse all'avversario di turno.

Di fonte a questo quadro disarmante, ci si accorge che - portiere a parte - non c'è un solo reparto da salvare: l'attacco segna col contagocce e inoltre gli uomini che lo compongono con vanno in pressing sui difensori avversari come invece un anno fa sapevano fare le punte della Sampdoria di Mihailovic. Il centrocampo cerca di costruire affidandosi ai cosiddetti “piedi buoni”, ma va sempre a finire che la sola tecnica, dei vari Montolivo, Bonaventura e Bertolacci, non supportata da indispensabili ingredienti quali la verve atletica e la personalità, viene soffocata dall'aggressività, dal pressing avversario.

I difensori, oltre a non essere protetti adeguatamente dalla linea mediana, vanno in difficoltà anche per demeriti propri, per la troppo frequente incapacità di essere ben posizionati, di saper leggere in anticipo le “chiusure” e complessivamente per la scarsa cifra tecnica che li contraddistingue, impoverita dalla loro paura di San Siro. E stupisce che il reparto arretrato sia cosi' evidentemente in difficoltà, nonostante la società Milan avesse deciso di puntare su Mihailovic, proprio in considerazione di quanto aveva saputo fare alla guida della Sampdoria nel passato campionato, in cui i blucerchiati avevano chiuso con la quarta miglior difesa - 42 gol subiti - dopo quelle di Juventus (24), Roma(31) e Lazio (38), ovvero le prime tre della classifica.

E' chiaro e comprensibile che un conto è allenare la Sampdoria, un altro farlo al Milan, dove ti viene chiesto di arrivare al risultato attraverso il cosiddetto bel gioco. Finora non si è visto né l'uno, né l'altro. E allora quando la barca fa acqua ed è a rischio di affondare, bisogna intervenire drasticamente facendo una scelta impopolare, ma necessaria: cercare di fare punti, anche giocando male. Incrementando la forza d'urto del centrocampo (Kucka e De Jong magari finalmente insieme…) creando densità nella parte nevralgica del campo, inserendo difensori d'esperienza e ,al limite e in attesa di tempi migliori, togliendo pure, se necessario, un attaccante.

Una situazione ovviamente provvisoria in attesa di superare il momentaccio attraverso qualche risultato positivo. Le vittorie, si sa, aiutano a vincere, le sconfitte producono solo depressione. E' sicuramente questa una ricetta impopolare, in netta contraddizione con lo stile-Milan e con la sua storia. Ma quando sei malato, prima devi pensare a guarire, anche attraverso terapie dolorose.

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