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Schwazer in lacrime: "Giovani, non fate come me Ho comprato l'Epo a settembre in Turchia"

Alex Schwazer in conferenza stampa: "Non ho detto niente a nessuno per vergogna"

Tgcom24

"Ho comprato l'Epo in una farmacia in Turchia a settembre. Loro non fanno molte domande. Sono partito con 1500 euro dopo essermi informato su Internet". Alex Schwazer racconta la sua verità dopo l'esclusione dai Giochi a causa della positività all'antidoping. Con la voce rotta dal pianto, l'azzurro confessa ogni responsabilità e rivela: "Non ho detto niente ai miei genitori né a Carolina. Mi vergognavo".

"Sognavo di correre più forte di prima"
Alex Schwazer spiega i motivi che lo hanno portato a decidere di assumere sostanze dopanti: "Ho passato tre anni molto difficili come atleta. Chi segue questo sport sa che non sono stato bene. Nel 2010, dopo gli Europei, ho pensato di smettere. L'anno scorso dovevo prendere delle decisioni. Con le olimpiadi davanti non sono più stato lucido. La pressione che io mi sono fatto da solo, le aspettative che avevo di tornare molto più forte di prima non son più riuscito a dire di no a questa decisione di doparmi e ho fatto queasto grande errore. Mi dispiace è dire poco".

"Carolina non sapeva niente"
Schwazer ha fatto tutto da solo, nascondendo a tutti la sua decisione di doparsi: "Non è stato facile dire a Carolina che la medicina del frigo era della vitamina B12 e non Epo. Non era facile, però la mia fidanzata non c'entra niente non sapeva niente. A lei, come a tutti gli altri, non ho mai detto niente. Anche perché mi vergognavo".

"Non vedevo l'ora che tutto finisse"
"Il 13 luglio ho fatto un controllo antidoping. Il giorno successivo ho iniziato ad assumere l'Epo. Quando il 30 luglio si sono presentati a casa mia per i controlli non avevo la forza di chiedere a mia madre di non aprire la porta, di dire che non ero a casa. Avrei potuto farlo perché un atleta, nel corso di un anno, può decidere di non sostenere due controlli. Ma non vedevo l'ora che tutto finisse. Devo dire che queste tre settimane sono state quelle piu' difficili della mia vita, perché si dice sempre che con il doping si va più forte, ma per me è stata una mazzata, perché ho dovuto dire bugie. Alzandomi alle 2, alle 3, perché sapevo che dalle 6 in poi sarebbe potuto arrivare un controllo antidoping".

"Pubblicate le analisi di Pechino: ero pulito"
Come già detto martedì, Schwazer ribadisce di non aver assunto nessuna sostanza per ottenere l'oro olimpico quattro anni fa a Pechino: "Sono solo contento se tutte le mie prove antidoping fatte negli ultimi anni, anche quelle alle Olimpiadi del 2008, vengono rianalizzate e pubblicate. Tutti i medici di buona fede dovranno dire poi che non vi sono tracce di doping. A Pechino ho gareggiato con valori di un anemico, il che dimostra che non ero dopato".

"Ferrari non mi ha dato alcun farmaco"
Schwazer ammette di aver incontrato Michele Ferrari, il medico al centro delle inchieste sul doping della procura di Padova. I rapporti, però, si sono interrotti lo scorso anno: "Ho contattato il dottor Ferrari nel 2009 per avere da lui consigli tecnici, nient'altro. I test antidoping dell'epoca lo dimostrano perché i valori non mentono. Dal 2011, quando sono apparse le notizie sul ciclismo, non l'ho più sentito. Io non devo coprire nessuno. Se Ferrari mi avesse dato dei farmaci non avrei problemi a dirlo".

"Ero stufo, non ne potevo più. Nessuno sconto di pena"
La vita da atleta, con allenamenti massacranti ogni giorno, non piaceva più a Schwazer: "Ero stufo, non ce la facevo più. io faccio marcia perché sono bravo, ma non ho piacere ad allenarmi 35 ore a settimana facendo sempre la stessa cosa, a volte la sera ero distrutto e a pensare che l'indomani al mattino dovevo di nuovo faticare mi veniva la nausea. I miei genitori li vedo due volte all'anno, la mia fidanzata una volta al mese. Il tutto per una gara all'anno. Che poi, se perdi, sei solo un grande coglione, scusate la parola. Questa cosa non la sopporto, come non sopporto chi osanna chi vince. Non voglio sconti, non torno più. Voglio una vita normale".

"Carabinieri, domani restituisco la pistola"
Giovedì Alex Schwazer resituirà distintivo e pistola ai Carabinieri, del cui gruppo sportivo faceva parte da tempo.  "Domani vado a Bologna perché devo restituire il tesserino e la pistola dei Carabinieri. Chiedo scusa all'Arma, se non ci fosse stata non avrei potuto fare questo sport a livello nazionale. Se non ci fossero questi gruppi sportivi, a volte criticati, in Italia il professionismo negli sport cosìddetti minori non esisterebbe". 

"Giovani, non fatelo"
Schwazer rivolge un appello ai più giovani, agli atleti che sognano l'oro olimpico che lui conquistò a Pechino: "Spero di poter essere dopo tutto questo, comunque, un esempio per i giovani, ovvero per non fargli fare questi errori. Posso dire solo agli altri, ai giovani, di non farlo, di non doparsi e di non chiedere di più a se stessi. La gente deve capire di vivere, senza sensi di colpa se si esce per una birra o se si perde un'ora di sonno. Per correre sereni serve altro: non si deve fare per forza 5 ore di allenamenti, 3 ore di alimentazione e 15 di sonno. Questo è stato un mio errore: prima di Pechino invece ero molto più sereno e uscivo spesso con la fidanzata. Ho a casa quattro medaglie, ma la vita è tutt'altro. E' assurdo perdere parenti e amici per andare piu' forte in una gara".