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Accordo Atalanta-ultras: querela ritirata, "Faranno volontariato"

Nel giorno in cui era attesa la sentenza per i 40 tifosi denunciati dalla precedente gestione per lʼassalto a Zingonia del 2010, il club comunica: "Lavoreranno per la Caritas"

atalanta ultras
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Patto società-ultras. Nel giorno della sentenza sul tifo violento che coinvolge 143 tifosi di Atalanta e Catania, il club nerazzurro rende noto di aver rimesso la querela verso i 40 sostenitori finiti a processo per l'assalto al centro sportivo di Zingonia del 4 maggio 2010 in cambio dell'impegno dei tifosi coinvolti a svolgere volontariato.

A sporgere querela era stata la gestione precedente, che faceva capo al presidente Ruggeri.

Nel processo sull'irruzione erano imputate 40 persone, tra cui anche il capo ultras dell'Atalanta Claudio Galbiati (meglio conosciuto come 'Bocia'), tutti accusati di danneggiamento e violazione di domicilio. Per loro il pm aveva presentato richiesta di condanne comprese tra 1 e 2 anni, ma dopo la decisione della società orobica, gli ultras non potranno essere condannati per questi capi d'imputazione.


"Gli imputati ­- ha fatto sapere in aula l'avvocato Federico Riva - hanno raggiunto un accordo con l'Atalanta che si è concretizzato solo oggi, ma che ha alle spalle diversi mesi di confronto. La società, che non si è detta interessata a un risarcimento economico del danno, ha accettato di rimettere la querela perché, in cambio, i ragazzi a suo tempo denunciati presteranno un'attività di volontariato nel campo del sociale alla Caritas diocesana bergamasca".

'Bocia' in manette

Per il leader della curva Nord dell'Atalanta, Claudio Galimberti, è scattata comunque una condanna: tre anni di reclusione con riconoscimento delle attenuati generiche. E' la sentenza di primo grado del giudice Maria Luisa Mazzola per il maxi processo agli ultrà atalantini e catanesi. Il 'Bocia' (insieme ad altri) paga per gli scontri coi tifosi siciliani del 23 settembre 2009, per i tafferugli con gli interisti del 13 dicembre 2009, per la manifestazione non autorizzata davanti alla questura del gennaio 2010, e anche per l'aggressione al giornalista de L'Eco di Bergamo Stefano Serpellini, a cui Galimberti rifilò una testata fuori dal tribunale.