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Musica: addio a Hugh Masekela, leggenda del jazz sudafricano

Il musicista, 78 anni, era stato un attivista simbolo del movimento anti-apartheid

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E' morto a 78 anni Hugh Masekela, leggenda del jazz sudafricano.

"Dopo una lunga e coraggiosa battaglia contro il cancro alla prostata, è morto pacificamente a Johannesburg, in Sud Africa", ha annunciato la sua famiglia in un comunicato. Oltre che un trombettista straordinario, Masekela è stato un attivista anti-apartheid: celebre la sua "Bring Him Back Home" in cui si chiedeva la liberazione di Nelson Mandela.

Masekela era malato di cancro alla prostata da una decina d'anni. Nato nel 1939 a Witbank, ha cominciato a suonare il pianoforte da piccolo e la tromba a 14 anni, quando ascoltava i grandi della musica afroamericana come Louis Armstrong, Ella Fitzgerald, Duke Ellington, Billie Holiday, Miles Davis, ritrovando nelle loro composizioni elementi di natura politica, che lo indirizzarono sempre più verso il suo impegno per i diritti civili e che lo portarono a perfezionare il suo personalissimo stile Afro-Jazz intorno alla fine degli anni '50.

Nel 1958 suonò in tour con i Manhattan Brothers, e attraverso di loro venne scritturato per il celebre musical "King Kong" di Todd Matshikiza, nel cui cast compariva, tra l'altro, anche un'altra stella nascente della musica sudafricana, Miriam Makeba, sua futura moglie.

Alla fine del 1959, Masekela fondò un gruppo musicale chiamato Jazz Epistles, il primo gruppo jazz sudafricano a incidere un LP, e i loro concerti a Johannesburg e Città del Capo fecero grandi incassi fino alla metà del 1960.

Il 21 marzo 1960, gli eventi sanguinosi del massacro di Sharpeville e il successivo inasprirsi del regime dell'apartheid convinsero Masekela a espatriare. Un lungo esilio di 30 anni dal Sudafrica segretato. Si trasferì negli Stati Uniti, dove conobbe Louis Armstrong, che tempo prima gli aveva inviato una tromba in regalo e divenne amico di Harry Belafonte e di jazzisti come Dizzie Gillespie e Miles Davis.

Belafonte e Miriam Makeba introdussero Masekela presso le case discografiche. Nel 1963 incise il suo album di debutto, "Trumpet Africaine", sotto la tutela di Dizzy Gillespie e Louis Armstrong e l'anno successivo sposò Makeba.
Il successo venne nel 1965 con l'album dal vivo "The Americanization of Ooga-Booga", prodotto da Tom Wilson (già produttore di Bob Dylan e Simon & Garfunkel). Nel 1966 Makeba e Masekela divorziarono, e quest'ultimo si trasferì a Los Angeles. Qui consolidò la sua immagine di musicista di successo attraverso una serie di collaborazioni prestigiose, come quella con Paul Simon, diventando anche una delle voci più autorevoli della lotta anti-Apartheid, con canzoni come Bring Him Back Home, in favore della campagna per la scarcerazione di Nelson Mandela,  che divenne uno degli inni della campagna Free Mandela. 

Nel 1980, Masekela e Miriam Makeba suonarono insieme in uno storico concerto di Natale in Lesotho, di fronte a un pubblico di 75.000 persone.

 Nel 1990 il regime dell'apartheid volgeva al termine; venne tolto il bando sui partiti politici dei neri e Mandela fu scarcerato. Masekela decise di rientrare in Sudafrica e fece il tutto esaurito nelle principali città del paese con il tour di quattro mesi Sekunjalo This Is It.

Il dolore per la sua morte ha invaso i social media. "E' crollato un baobab. Il Paese ha perso uno dei grandi architetti dell'afro-jazz, che ha elevato lo spirito della nazione attraverso la sua musica immortale", ha scritto su Twitter Nathi Mthethwa, ministro sudafricano per le arti e la cultura. Anche il presidente sudafricano, Jacob Zuma, piange Masekela "che ha portato alta la torcia della liberta' nel mondo, lottando contro l'apartheid con la sua musica e mobilitando il supporto internazionale nella battaglia per la fine della segregazione. Non dimenticheremo mai il suo contributo". Ispiratore di generazioni di musicisti, Masekela negli ultimi anni aveva collaborato con il dj house music Black Coffee e altri. "Non ho parole", ha scritto il dj su Twitter.