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Jain: "Dall'Africa a Parigi, metto tutto nella mia musica"

La cantautrice di Tolosa, dopo il singolo "Come" che spopola in radio, pubblica lʼalbum "Zananka". Tgcom24 lʼha incontrata

Ha girato il mondo e ogni Paese le ha lasciato un pezzetto che è finito nella sua musica.

Lei è Zain, 24enne di Tolosa che ha vissuto in molti Paesi tra i quali Congo e Dubai. Il suo singolo "Come" è tra i più ascoltati in radio e ha fatto da apripista all'album "Zanaka". "Nella mia musica convivono in armonia le influenze più disparate - spiega Tgcom24 -. Questo album è nato dai miei viaggi e dall'incontro con la gente".

Un disco solare, con una fortemente componente ritmica (non a caso Jain suona batteria e percussioni), nel quale entrano tutte le esperienze avute da questa giovane artista che francese di nascita e ben presto diventata cittadina del mondo, dovendo seguire il padre, che per lavoro, ha vissuto in paesi come Congo, Dubai e Abu Dhabi. E "Zanaka" è proprio il risultato delle influenze artistiche di questi Paesi mischiate con quelle dei gusti di Jain, cresciuta a pane e Janis Joplin, Beatles, Nina Simone, Bob Marley e molto altro. 

Hai girato il mondo con tuo padre, ora lo giri come musicista. Come stai vivendo questo momento?
Molto bene! E sono felicissima anche se per ora ho fatto solo alcuni Paesi come Germania, Polonia e Italia. Arrivare alla gente e potermi relazionare con gli altri è una delle ragioni per cui mi sono dedicata alla musica. Quindi il fatto di poter parlare con persone che non sono del mio Paese mi dà molti stimoli.

Il melange di stili che si crea nelle tue canzoni esce naturalmente o era un obiettivo che hai perseguito razionalmente?
Punto molto sulla spontaneità. Quando scrivo una canzone questa assorbe varie influenze mano a mano che si evolve. E alla fine, quando il brano è finito, mi stupisco anche io di quante influenze possano contarsi all'interno di esso. Sono una che si diverte, mi definisco una "bricoleuse" dei suoni, gioco ad assemblarli.

Sei una polistrumentista. Con cosa preferisci comporre?
Non ci sono delle regole. Posso partire da un synth come da delle percussioni o dalla chitarra. La cosa fondamentale è che ci sia una melodia attorno alla quale poter sviluppare la canzone. 

Per i testi da cosa trai ispirazione?
Da quello che ho vissuto, dalla vita di tutti i giorni. Anche la gente che incontro per strade può essere la scintilla per sviluppare un testo.

La copertina dell'album ti raffigura come la dea Kali. Che significato ha quell'immagine?
Rappresenta un po' tutte le direzioni in cui si muove la mia musica. Sono arrivata in casa discografica con una foto che ho ritoccato io con Photoshop, con il mio corpo con tutte queste braccia. L'idea è piaciuta molto e ovviamente mi hanno messo in contatto con veri grafici che hanno sviluppato il concept.

Anche il video ha toni surreali...
La stessa cosa è capitata con i registi del video che si sono ispirati ad alcuni quadri della pittura surrealista e hanno portato avanti il concetto.

Cosa hai preso dalla musica africana?
Ho sempre ascoltato un po' quello che ascoltavano i miei. Loro adoravano Miriam Makeba, Youssou N'Dour, Salif Keita. E ho assorbito un po' quei suoni e quelle influenze. Ero molto attratta dal lato percussivo di questa musica e per questo mi sono avvicinata molto alla batteria e alle percussioni. E poi il soul, l'elettronica, che ho scoperto quando sono arrivata a Parigi, ho mischiato un po' tutto.

Se dovessi definire la tua musica con un colore quale diresti?
Bianco. Perché, come ti insegnano nei corsi di fisica, la luce bianca è quella che racchiude tutti i colori.

Cosa ti aspetti dal futuro?
Non penso al futuro, vivo molto alla giornata e sono immersa nella scrittura di altre canzoni. Questo disco è nato dai viaggi e il viaggio per me è fonte di ispirazione. Spero di avere la possibilità di farlo ancora.