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IL DIARIO DI MARTA / Giffoni vuol dire anche nostalgia

di Marta Perego

IL DIARIO DI MARTA / Giffoni vuol dire anche nostalgia

Una cosa diciamola subito: Giffoni è, anche, nostalgia. Nostalgia degli anni 80, celebrati da una maratona nella giornata di preapertura con proiezione di "Ritorno al futuro" a mezzanotte strapiena di minorenni che nel 1985 non erano nemmeno nel biberon dei loro genitori, nostalgia dei miei anni 90, quando avevo l’età dei ragazzi sorridenti con le magliette tagliate e con le scritte sugli zaini che si aggirano a Giffoni. Ed è subito nostalgia del Nokia 3310, della 150esima replica di "Supercar" la mattina, "Beverly Hills 90210", degli anni in motorino sempre in due, le versioni di greco e così via andare in un amarcord dell’adolescenza. “Siete contenti di essere tornati a Giffoni?” chiedo ai ragazzi che iniziano a spuntare in questa torrida giornata di preapertura, cercando di non sciogliermi il fondotinta al sole e i tacchi nell’asfalto. Sorrisi, abbracci, entusiasmo.

Che età meravigliosamente orrenda l’adolescenza. Indefinita, facilmente avvezza a infatuazioni quanto all’autocommiserazione. Voi che film ricordate dell’adolescenza? Oggi ci sono i cinecomic – come Antman and The Wasp, che arriva al festival -, le storie strappalacrime tendenzialmente interpretate da Sam Claflin - uno degli ospiti del Giffoni - che ormai sta diventando il volto - sorridente, rassicurante, bellissimo e sposato - dei drammoni per ragazze. Qui, per esempio, presenta "Resta con me", storia vera di due esperti navigatori che si ritrovano a fronteggiare il più grande uragano che ci sia mai stato nell’Oceano Pacifico. Film che non mancherò di vedere con pacchi di kleenex. Io potrei raccontarvi della maratona Kubrick di quinta ginnasio, o dei pomeriggi al cinema Gnomo a seguire la rassegna dedicata a Ulrich Seidl, regista austriaco di Canicola, film con poche parole, tanto sudore e parecchia violenza. Bellissimo e lentissimo.

Però sarò sincera, mentre aspetto la mia prima cena giffonese a base, manco a dirlo, di mozzarella in carrozza. E vi dirò "Titanic". Ricorderò sempre la me stessa 13enne seduta in un cinema (a cui poi sono tornata altre 5 volte, se non 6) che emozionata assisteva al film che le avrebbe cambiato la percezione delle cose. Soprattutto del cinema, ma anche degli uomini (ho ricercato per molto tempo un Leonardo Di Caprio ventenne che si butta nell’Oceano gelato al posto mio ma non l’ho mai trovato e a un certo punto, ci si rassegna, o si diventa più magnanime, niente bagni congelati, al massimo mi offri una cena). A parte le ironie. "Titanic" è stato il film che mi ha fatto appassionare alla sala. A quel silenzio, l’immersione nelle immagini, nelle storie, in quel luogo dove ritrovi quei pezzi di te stesso che diventano un’armatura per infilarti nel mondo sentendoti meno solo. Ecco. Giffoni per me è anche questo. Un ragazzo o una ragazza di 13, 15 ma anche 10 anni che si infila in una sala per la prima volta e si abbandona a una storia che non dimenticherà mai. Perché ha trovato il suo Leonardo Di Caprio, se stesso o un amico. La mia prima immagine di Giffoni alla fine è questa. Tante piccole armature sorridenti con le magliette strappate, che tra un film e un incontro, imparano il loro modo di farsi spazio. Anche a quaranta gradi.

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