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Ex-Otago: "Usiamo l'ironia e la musica pop per veicolare messaggi importanti"

La band genovese, protagonista allʼHome Festival di Treviso, dopo una lunga gavetta ha guadagnato sempre più spazio nel panorama musicale italiano. Maurizio Carucci e i suoi raccontano chi sono

Ex-Otago:
ansa

Sono ritenuti dai critici tra le più interessanti rivelazioni del panorama indie italiano, e nella riedizione del loro ultimo album, "Marassi" (2016), hanno collaborato con artisti come Eugenio Finardi e Caparezza.

Si chiamano Ex-Otago e sono originari di Genova, città che entra profondamente nei testi (e nelle melodie) dei loro brani, talvolta ironici ma sempre impegnati. Dal 2002, Maurizio Carucci e i suoi - con cinque dischi all'attivo - sono emersi prepotentemente dal capoluogo ligure fino a essere apprezzati anche a livello nazionale.

Protagonisti nella terza giornata dell'Home Festival di Treviso, gli Ex-Otago rientrano appieno nella nuova ondata di pop italiano, rappresentata - solo per citare i più noti - da Thegiornalisti, Levante, Calcutta, Brunori Sas e dove il confine tra ciò che viene considerato indie e mainstream si fa labile. Dalle melodie orecchiabili e dalla forte presenza di sintetizzatori, "Marassi" contiene brani come "Ci vuole molto coraggio" e "Gli occhi della Luna", che - grazie anche alla rotazione radiofonica - hanno permesso alla band di farsi conoscere a un più vasto pubblico.

A Tgcom24, gli Ex-Otago raccontano i loro tratti distintivi, tra cui l'ironia nei testi e l'influenza dell'ambiente genovese, e spiegano com'è nata la collaborazione con Caparezza per il brano "Ci vuole molto coraggio", per poi sottolineare l'importanza della gavetta contro il facile (e rischioso) successo derivante dalla partecipazione ai talent show.

In primis, Maurizio Carucci - cantante e frontman del gruppo - spiega lo stretto rapporto tra gli Ex-Otago e Genova: "E' una città che nel bene o nel male ti solca. Non solo abbiamo cercato negli anni di capire in che modo potevamo trasformare questi 'segni' rimasti in qualcosa di positivo, ma abbiamo anche capito come Genova sia maestra nel tenere insieme aspetti diversi, come differenti architetture o etnie. Ecco, crediamo di essere bravi, o 'bravini' - poi sarà il pubblico a dirlo - proprio a mischiare".

E da un punto di vista più musicale? "Sicuramente abbiamo attinto molto da Fabrizio De André, Gino Paoli, Bruno Lauzi della Scuola cantautorale genovese, ma ci siamo spesso innamorati con canzoni come 'L'amour toujours' di Gigi D'Agostino. Per cui - anche in maniera un po' goffa e buffa - cerchiamo di tenere assieme questi stili diversi".

Ex-Otago:
lapresse

Nell'ultimo album gli Ex-Otago cantano "Ci vuole molto coraggio, il calzino bianco con il mocassino; ci vuole molto coraggio per guardare Sanremo fino in fondo": bastano questi due versi per capire come l'ironia dissacrante sia un aspetto caratteristico dei testi della band. "Più che arma - spiega Carucci - crediamo sia uno strumento gigantesco per far passare dei messaggi importanti in maniera leggera e dolce. Siamo infatti cresciuti in una Genova 'rossa', estremamente politica, dove si sentivano un sacco di slogan politici chiari ("Abbasso...", "Viva..." o "A morte..."). Noi, invece, stiamo cercando di costruire un linguaggio che possa veicolare messaggi chiari con strumenti leggeri, come l'ironia, l'auto-ironia e la canzone pop".

Proprio con "Ci vuole molto coraggio" - dal quale sono tratti i due versi sopracitati - è nata la collaborazione (e l'amicizia) con Caparezza, che non solo ha accettato di buon grado il featuring, ma ha anche composto per l'occasione una strofa, poi aggiunta al brano. "Lui ci seguiva, ma non lo conoscevamo di persona. Avevamo però amici che conoscevano amici che conoscevano amici e via di seguito... finché siamo arrivati a Molfetta", città natale dell'artista pugliese.

"Ci ha accolto in casa sua, spiegandoci che gli arrivavano - com'è ovvio - un sacco di richieste. Ci ha detto però 'Vi stimo, voi siete un po' i pionieri di questo nuovo pop con molte tastiere'. Ricordava proprio i primi dischi in cui facevamo le cover dei Duran Duran con delle Casio un po' scassate, senza due o tre tasti. E poi ha accettato il featuring, per me molto riuscito, perché ha dato un bel contributo che ha reso la canzone più interessante".

Anche se ora hanno fan da tutta Italia, gli Ex-Otago vengono da una vera e propria gavetta in quel di Genova fatta di innumerevoli concerti in piccoli club o locali. E' un'esperienza di vita che appare in netto contrasto con il rapido successo che può derivare dalla semplice partecipazione a un talent show. Negli ultimi anni, tuttavia, diversi artisti della scena indie hanno scelto di diventare giudici di questi programmi, scatenando non poche polemiche tra gli appassionati di musica. Ma gli Ex-Otago, qualora arrivasse l'occasione, diventerebbero giudici di un talent show?

"Non saprei rispondere... Il problema è che i talent non ci piacciono e non crediamo che svolgano un'azione positiva sulla gente e sugli artisti. In veste di giudici sarebbe un po' sostenerli e questo ci darebbe fastidio. Però non so...", dice Carucci. E il chitarrista Francesco Bacci aggiunge: "Il fatto che Manuel Agnelli e Levante siano giudici di un talent show è un segnale forte di cambiamento, ossia il mondo indie e quello mainstream cessano di esistere una volta per tutte e si parla di musica in modo trasversale. E' però vero che un qualsiasi artista che ha avuto un percorso musicale come il nostro, che vada o non vada in questi programmi deve rendersi conto - e deve far rendere conto - che con la 'scorciatoia' del talent non si diventa musicisti, o autori, o cantautori... tant'è vero che è ormai palese che i fenomeni da talent non funzionano più. Tutte quelle meteore che hanno vinto 'Amici' o altro non fanno i concerti - che è la cosa più rilevante per un artista - ma fanno sporadiche apparizioni o comparsate in centri commerciali".

Gli Ex-Otago non sono veri e propri outsider, dato che sono sulle scene musicali da ormai quindici anni e hanno alle spalle cinque album. Ma cosa si aspettano dal futuro? Il frontman Carucci, in proposito, è chiaro: "Rispetto agli anni passati abbiamo più consapevolezza dei nostri strumenti, ma non ci chiediamo dove arriveremo. Molti ci domandano 'Quali obiettivi vi ponete'? Ebbene, il nostro scopo è fare ciò che ci emoziona, punto".