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Dargen D'Amico: "Il mio rap su una musica non per forza urbana"

Il rapper racconta a Tgcom24 il nuovo album "Variazioni" in collaborazione con la pianista Isabella Turso

A chi gli rimprovera di essersi staccato troppo rispetto agli esordi, Dargen D'Amico risponde di "rimasterizzare" i suoi vecchi album e autorizza a "cambiare il titolo".

Una provocazione, come è nel Dna del rapper che da sempre odia gli schemi. In un bar del centro di Milano, sorseggiando un Americano, toglie gli occhiali e racconta a Tgcom24 il nuovo disco "Variazioni", che esce il 31 marzo. Un progetto ambizioso ma "necessario". Così quando la pianista Isabella Turso gli ha proposto di "sovrapporre il rap su una musica non per forza urbana" ha accettato la sfida. Tra rilettura di brani del passato e featuring di Tedua, Rkomi e Izi.

Ti accusano di cambiare spesso, è così?
Il disco prima di 'Variazioni' non aveva collaborazioni, in quello prima ancora invece ce ne erano un sacco. Ogni volta per me è diverso. Stavolta ho incontrato Isa e insieme abbiamo lavorato a questo progetto, mi è sempre piaciuto sovrapporre il rap su una musica non per forza urbana. All'inizio ho fatto fatica, abbiamo cominciato con la rilettura dei brani editi...

 

E' stato, appunto, difficile...
Soprattutto portarlo a termine. E' un disco vero, in studio con i musicisti. Per me era tutto nuovo e diverso. Rileggendo le cose che facevo, rivestite di nuovi arrangiamenti, alla fine mi sembrava tutto nuovo. Ma questa era l'unica cosa che volevo fare. E sono molto soddisfatto.

 

Tra i fan c'è chi ti critica perché adesso fai pop, ma non sei Fedez.. cosa replichi?
Non ho mai fatto un disco uguale a un altro. Se qualcuno ha bisogno di album come quelli di prima basta prendere un masterizzatore e cambiare il titolo... l'unico patto di sincerità è tra me e il percorso che sto facendo, cerco qualcosa nella musica e per farlo devo spostarmi sempre. Si tende a vedere il rap come un flusso unico per cui chi si sposta è più altro di altri. In realtà ci son così tante sfumature che io faccio nel migliore dei modi quello che faccio io...

 

Hai chiamato tre giovanissimi...
Non schifo quello che viene, se trovo qualcosa di bello, come nel caso de Il ritorno delle stelle con Tedua, Rkomi e Izi, li chiamo tutti in una traccia e sono curioso di vedere anche io quello che fanno loro. Sono soddisfatto perché si sono prestati a fare una cosa diversa rispetto al passato...

 

Come ti collochi nel panorama musicale?
Mi sento di fare musica italiana, se tra cent'anni qualcuno avrà voglia di rileggere la musica che stiamo facendo non credo che troverà delle differenze tra me o ad esempio Arisa. Ognuno fa musica nel modo in cui la sa fare.

Il rap per te è sempre una bolla pronta ad esplodere?
Adesso ha preso piede un altro tipo di rap in cui l'estetica è ancora più forte, i modelli di comunicazione sono cambiati, i tempi sono più rapidi, i rapper si vestono anche da donna, rimangono sempre omofobi ma con la gonna. Dieci anni fa no te lo saresti mai immaginato...

 

Pensi al tuo pubblico, lo identifichi?
Ho la fortuna di avere, nonostante siano passati dieci anni, persone che mi seguono dal primo disco. Hanno la curiosità e fanno parte del mio progetto, abbiamo un punto di vista simile su alcune cose ed è una magia...

 

Cosa ti ispira?
C'è una certa facilità in me nel fissare delle fotografie e a registrarle facendo una sorta di scansione con le parole. Le tengo in testa per periodi variabili, non scrivo subito. Sui mezzi pubblici, in metro, mi faccio gli affari degli altri... all'estero, ad esempio in Malesia, magari dove non capisco la lingua, dal tono mi immagino delle cose che quella persona sta dicendo. Poi faccio il mio viaggio, ci ripenso, costruisco dei collegamenti e infine scrivo..

 

C'è un messaggio nelle tue canzoni?
C'è almeno un messaggio, sono abituato a guardare quello che c'è oltre... nelle canzoni alla fine trovi sempre quello che stavi cercando, io do delle domande ma sei tu che trovi delle risposte.