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Cyndi Lauper ora è la signora del blues

Tgcom incontra la cantante che sarà in concerto allʼArena di Milano il 13 luglio

Ufficio stampa

Sarà uno degli eventi più interessanti del prossimo Milano Jazzin' Festival.

Ma la Cyndi Lauper che il pubblico si troverà davanti all'Arena il 13 luglio sarà un po' diversa da quella che cantava "Girls Just Want To Have Fun". Cindy infatti si presenterà nelle vesti di cantante blues: "Memphis Blues" è il suo ultimo album capace di scalare a sorpresa le classifiche di mezzo mondo. "Ho voluto tornare alle mie origini" dice lei a Tgcom.

Scatenata popstar negli anni 80, Cyndi ha legato il suo nome in particolare a un album, "She's So Unsual", del 1983, capace di vendere milioni di dischi e lasciare in eredità un pugno di canzoni, come appunto "Girls Just To Have Fun" ma anche "She Bop" o "Time After Time", diventati dei classici. In particolare l'ultima di queste reinterpretata più volte da cantanti anche di estrazione diversa, come country o folk. 

Ma Cyndi, a differenza di tanti coetanei, non è stata una meteora spentasi rapidamente. I numeri non sono stati più quelli fantasmagorici di quel disco, ma reinventandosi e cimentandosi anche in altri campi, cinema e televisione, è arrivata oggi, 2011, a 58 anni a presentarsi in maniera completamente diversa... "Questo è esattamente ciò che volevo fare - spiega -. Il mio primo lavoro è stato come vocalist in una blues band ma all'epoca ero molto giovane e non avevo la consapevolezza di ciò che cantavo, di quali splendidi musicisti blues fossero quelli con cui suonavo. Poi tutto quello che ho suonato in un secondo momento, dal jazz al rock al pop, erano tutte derivazioni del blues. E quindi è diventata esigenza per me andare alla fonte della mia formazione".

Come è nato "Memphis Blues"?
Il primo passo è stato quando ho realizzato "The Body Acoustic", un disco live del 2005 in cui reinterpretavo in chiave acustica i miei successi passati. Quando ho registrato quel disco nella mia testa c'era già qualcosa di più sinceramente blues. La mia carriera però doveva proseguire sul piano pop, anche se la voglia poi era quella di infilarmi in qualche piccolo club la sera e nutrirmi di ben altra musica. Ma non volevano sentirci, mi chiedevano sempre qualcosa di più commerciale.  

Infatti prima di questo disco hai pubblicato "Bring Ya To The Brink" che eramo molto influenzato dalla scena urban e hip hop, con tutti quei suoni sintetici...
Esatto. Dopo "The Body Acoustic" hanno avuto questa geniale idea di farmi fare un album che fosse molto alla moda, pieno di suoni plasticosi, fatto praticamente tutto al computer. E i risultati si sono visti. Alla fine non ce l'ho fatta più e ho preso la decisione di seguire il mio istinto. Ho lasciato la Sony e ho proseguito per la mia strada.

Come mai hai deciso di registrarlo a Memphis?
Non volevo andare a Los Angeles o a New York e realizzare un album blues, volevo andare dove l'anima del blues fosse presente in maniera davvero forte. Per questo ho scelto Memphis. Volevo tornare agli inizi e in qualche modo ricominciare, e volevo sentirmi ispirata da quello che mi circondava. Questo disco doveva essere vero. Prossimamente uscirà un dvd registrato durante la produzione dell'album, e tutti potranno vedere come è nato, come tutti i musicisti che vi hanno collaborato, da B.B. King a Charlie Musselwhite, siano arrivati in studio e come abbiano dato il loro contributo decisivo.

L'album è stato in vetta alle classifiche molte settimane. Credi che il successo sia dovuto ai vecchi fan che ti hanno seguito o hai fan del blues che ti hanno scoperta in questa nuova veste?
Non saprei. Spero che molta gente che normalmente ascolta blues abbia apprezzato il lavoro degli splendidi musicisti che hanno collaborato con me a questo lavoro. Tutti loro avevano qualcosa da dire e lo hanno riversato nelle canzoni che abbiamo scritto insieme. È un pezzo della mia storia, della mia storia musicale. Quando ho visto che l'album andava in cima alle classifiche ho pensato fosse incredibile. Ma poi ho capito il perché: la gente ha colto la sincerità di ciò che stava ascoltando.

Hai detto che per realizzare questo lavoro a cui tenevi hai dovuto lasciare la tua vecchia etichetta che te lo impediva, ed è arrivato il successo. Quindi pensi che la crisi della discografia possa anche offrire delle opportunità?
Si... La crisi delle major è sotto gli occhi di tutti, più duramente uno arriva in cima e più duramente cade... È una legge alla quale non si sfugge. Ma davvero può trasformarsi in qualcosa di positivo, come lo è stata per me. Non volevano ascoltarmi, erano convinti di sapere loro cosa avrebbe funzionato e cosa no, senza nemmeno fare un tentativo. Quando le industrie sono troppo grandi tendono a catalogarti, usarti come una merce da vendere. E non ti seguono per quello che sei. Adesso è tutto nelle mie mani, decido io cosa va bene o no per la mia musica. E guarda caso i risultati mi hanno premiata. 

Immagino che a Milano canterai anche i tuoi vecchi successi. Dobbiamo aspettarceli in una veste rivisitata in chiave blues?
Certo che sì! Naturalmente ho modificato gli arrangiamenti in chiave blues, anche perché per me è sempre un divertimento cantanre le vecchie canzoni ma provo ogni volta a infondere un po' di nuova linfa con qualche cambio qua e là. "Girls Just Wanna Have Fun" è diventata uno scatenato funky blues. E "She Bop" ha cambiato pelle ma suona davvero bene con questa nuova veste. E naturalmente ci sarà "Time After Time".