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Dopo la campanella la scuola continua sui social

La classe è virtuale e autogestita, ma quando ci sono, i prof sono disponibili 24 ore su 24.

Non è fantascienza, ma quello che accade normalmente sui social a lezioni terminate, stando a quanto hanno confidato 6300 studenti teenager a Skuola.net. Quasi 9 su 10 frequentano classi che hanno un corrispettivo virtuale su WhatsApp, mentre oltre la metà viene replicata su Facebook. Spesso capita che il gruppo sul social più famoso venga affiancato anche a uno sul servizio di instant messaging più diffuso. Tanto per non perdere mai un aggiornamento.

Molto spesso questo spazio non è accessibile ai professori: in 4 casi su 5 il gruppo classe infatti viene realizzato invitando solo gli studenti. Quando poi ci sono gli insegnanti, non è raro che venga anche creata un'entità parallela per scambiarsi contenuti off limits per gli adulti. È interessante osservare che man mano che gli studenti diventano grandi, passando dalle medie al quinto anno delle superiori, questo tipo di attività social tende a essere sempre più diffusa.

Chiaro è che ogni gruppo ha scopi diversi. Lì dove ci sono pure gli insegnanti a fare gruppo su Facebook, la classe virtuale ha funzioni diverse da quella composta da soli ragazzi. Il più delle volte con i docenti viene usata come una sorta di registro social per comunicare avvisi, info o indicazioni sui compiti da fare (73%), ma anche per scambiarsi materiale didattico (58%) e per organizzare uscite scolastiche (27%). Solo il 7% racconta che nel gruppo si chiedono consigli personali ai prof, mentre un altro 16% ne approfitta per chiedere un aiuto per i compiti direttamente agli insegnanti. Stesse dinamiche nel mondo WhatsApp, ma con percentuali praticamente raddoppiate per quanto concerne la richiesta di consigli personali ai docenti.

Anche nei gruppi classe no adults, la maggior parte delle comunicazioni sono relative ad avvisi, info e indicazioni sui compiti da fare (nel 76% dei casi). Poi però si svela il vero motivo dell'autogestione virtuale: i ragazzi si aiutano nei compiti dandosi una mano in vista delle verifiche (44%) e si scambiano contenuti divertenti (35% circa) o comunque scherzano tra loro (29%). Il 27% delle volte si organizzano uscite, eventi o feste e nel14% dei casi ci si mette persino d'accordo su quando saltare scuola. Nemmeno stavolta le dinamiche cambiano molto su WhatsApp, se non per un unico fatto: qui è molto più alta la percentuale di chi racconta di usare il gruppo per mettersi d'accordo su quando saltare la scuola (23%). L'app di messaggistica istantanea è allo stesso tempo molto più usata per organizzare uscite, feste e eventi (41%).

Il gap di Facebook rispetto a WhatsApp in ambito scolastico riflette un cambiamento generazionale più ampio: sempre più teen (1 su 5) stanno abbandonando il prodotto di punta di Menlo Park, con picchi più elevati nella fascia 11-13 anni dove la percentuale è più che doppia rispetto alla media. Tuttavia i social stanno trasformando in maniera profonda anche la relazione individuale alunno - docente, tanto che 1 teen su 3 racconta di avere contatti in privato con i suoi prof, soprattutto per parlare di argomenti inerenti alla scuola (74%). Quasi la metà di queste conversazioni viaggia esclusivamente su WhatsApp, in alternativa su usa solo Facebook o entrambe le piattaforme.

Questo perché spesso - ma non sempre - i prof sono amici anche sui social: 1 teen su 2, tra quelli che hanno un profilo, hanno aggiunto tutti o parte dei docenti nel cerchio della fiducia. Interessante notare come i più piccoli sembrano essere più gelosi della propria privacy: alle medie il 47% dei ragazzi fra gli 11 e i 13 anni annovera fra gli amici solo alcuni docenti, mentre il 44% dei maggiorenni confessa di averli tutti indistintamente.

Questo apre a uno scenario totalmente inedito: i prof potrebbero osservare la vita privata degli studenti molto più da vicino di quanto accadesse in passato. Infatti solo 1 teen su 5 che racconta di aver impostato alcuni livelli di privacy per far sì che i prof non vedano tutti i contenuti postati. Anche in questo caso i più giovani sono anche i più riservati (o più smart): 1 su 3 ha tra gli 11 e 13 anni, contro il 21% circa di chi appartiene alla fascia 14 – 17 e uno scarso 16% (la metà!) della fascia 18-19.

Se Cristo si è fermato a Eboli, per i docenti italiani l'ultimo miglio è nei pressi di WhatsApp. Twitter e Instagram sono dei terreni a dir poco vergini, per cui il 92% dei ragazzi non segue i propri prof su tali piattaforme perché non sono presenti.

Anche a lezione i social iniziano a fare capolino, tanto che 1 studente su 4 ha racconta che ne assiste all'uso anche nell'ambito della didattica curricolare. Spesso si utilizzano per porre rimedio ai problemi della scuola italiana: mancano i soldi per le fotocopie? Si fotografa con lo smartphone la pagina del libro o di quaderno che serve e la si invia su WhatsApp o su Facebook. L'istituto non ha LIM che permettano di fare una lezione interattiva? Tanti i ragazzi che confessano di ricevere sui social link a video YouTube. Non manca anche quel pizzico di creatività che serve a rendere la didattica più accattivante: alcuni svelano di avere un gruppo WhatsApp con il loro insegnante in cui comunicano esclusivamente in lingua inglese, altri lo usano per whatsappare nella stessa lingua racconti che poi saranno valutati. Ci sono persino prof che fanno utilizzare Instagram per cercare foto e Twitter per partecipare con la classe a concorsi letterari. Certo, può capitare che qualche docente si faccia un po' prendere la mano: un ragazzo racconta che insieme ai suoi compagni ha scritto delle poesie che la prof ha fatto poi pubblicare sul suo profilo Facebook.

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