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Madri che uccidono loro figlio? Il perché al convegno sulla depressione

Lunedì e martedi la diretta streaming dellʼevento su Tgcom24.it

pannolini, neonati
-afp

Com'è possibile che una mamma uccida il proprio bambino? È la domanda che ci facciamo tutti, ogni volta che la cronaca ci riserva un nuovo tragico caso di infanticidio. La risposta però non è facile da trovare, soprattutto se la cattiveria umana da sola non sembra in grado di spiegare del tutto questi fatti.

I dati che verranno presentati al convegno, organizzato da Strade Onlus e Rebecca Fondazione, "Depressione Pre e Post Partum: il progetto Rebecca Blues" (Campidoglio, 13 e 14 ottobre), ci offrono un quadro più ampio e dettagliato per cercare di comprendere.

Se da un lato i casi che hanno un epilogo così tragico sono fortunatamente molto rari, in Italia il numero di donne che soffre di Depressione Post Partum è sorprendente: 80.000 all'anno, ovvero una mamma su sette. Con un'aggravante: solo una donna depressa su 4 è in grado di chiedere aiuto. Questo significa che ogni anno 60.000 mamme, che soffrono di Depressione Post Partum, affrontano da sole la malattia, spesso senza trovare nemmeno nel proprio partner un aiuto e un sostegno validi.

I danni sui bambini, anche se non si verificano delle violenze, sono ormai fuori discussione e descritti da una vasta letteratura scientifica: i figli di madri depresse hanno infatti un quoziente intellettivo più basso (fino a 5 punti in meno) con una predisposizione a sviluppare comportamenti violenti e malattie in età adulta.

Se bastasse dire alle mamme di non vergognarsi e di chiedere aiuto, il problema sarebbe già risolto – spiega il Dottor Antonio Picano, dirigente psichiatra e presidente di Strade Onlus –. È la vergogna della propria condizione di depressione a bloccare questa possibilità. Per questo abbiamo pensato a un nuovo modello, che andasse oltre le esperienze fallimentari che sono state messe in campo nel mondo, a cominciare dall'intervento domiciliare che ha costi proibitivi ed è invasivo per le donne».


Il Progetto Rebecca Blues punta infatti sulla formazione e sul riconoscimento precoce della malattia e si avvale di un innovativo social network (disponibile gratuitamente nei prossimi giorni su App Store) per rafforzare il rapporto medico-paziente e attraverso il quale formare le mamme, le famiglie e i professionisti.

'Abbiamo cercato di realizzare un sistema di massa a basso costo – prosegue Picano –, che si integri con il sistema sanitario nazionale, senza creare sovrapposizioni e moltiplicare la spesa. Teniamo presente che la Depressione Post Partum non è un problema italiano, le statistiche sono più o meno le stesse in tutto il mondo. Purtroppo però il servizio sanitario nazionale non prevede un'assistenza specifica per le mamme depresse. Contrariamente agli altri Paesi europei in cui esistono dei centri di accoglienza e trattamento madre-bambino, in Italia la donna è costretta a seguire il percorso di cura in situazione di promiscuità con gli altri malati mentali gravi.

Servono risposte nuove. Ne discuteremo in questa due giorni di lavori che vedrà allo stesso tavolo grandi esperti del mondo della psichiatria, della psicologia, della giustizia e dei media'. Grazie a TgCom24.it il Convegno “Depressione Pre e Post Partum: il Progetto Rebecca Blues” si potrà seguire on line in streaming cliccando il link qui sotto. Per far arrivare delle domande ai relatori via Twitter l'hastag è #AskRebecca.


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